Anche il diavolo è governato dalla Provvidenza
Dal libro undicesimo al quattordicesimo de La città di Dio Agostino affronta il tema delle origini metafisiche, cioè della natura propria, di ognuna delle due città, la città di Dio e la città terrena pagana...
Dal libro undicesimo al quattordicesimo de La città di Dio Agostino affronta il tema delle origini metafisiche, cioè della natura propria, di ognuna delle due città, la città di Dio e la città terrena pagana. Dopo aver affermato che tutte le creature sono state fatte da Dio con misura, ordine e forma, anche le infime, mette in evidenza la superiorità dell’uomo e degli angeli, anche di quelli ribelli (Cfr. De civitate Dei 11,15). A questo punto Agostino entra in un argomento difficile e spinoso: se Dio ha creato solo il bene, perché c’è il male? Perché c’è il diavolo? Il diavolo poi è autonomo da Dio e persino a Lui superiore, dal momento che il male sembra dilagare? Agostino si cimenta molte volte su questi argomenti, definendo, ad esempio, il male non come una cosa, ma come una privazione di un bene dovuto. Sentiamo ora il suo pensiero espresso in questo libro: “Come Dio è creatore ottimo degli esseri buoni, così è anche ordinatore giustissimo delle volontà perverse; mentre le volontà perverse usano male degli esseri buoni, Egli usa bene anche delle volontà perverse” (De civitate Dei 11,17). Pensiero profondissimo. Nulla sfugge al potere di Dio! Nemmeno il diavolo: “Dio ha voluto che il diavolo, buono per suo ordinamento e malvagio per volontà propria, degradato della sua dignità fosse deriso dai suoi angeli, come a dire che le sue tentazioni giovano agli eletti, mentre egli vorrebbe che li danneggiasse” (Ivi). Perché dunque Dio, nonostante tutto, non ha impedito a Lucifero di diventare diavolo? “Dio nel crearlo non ignorava certamente la sua futura malvagità e prevedeva il bene che Egli avrebbe derivato dal suo male” (Ivi). Dal male Dio sa ricavare sempre del bene. Misteriosamente. Provvidenzialmente. Satana dunque non è il vincitore, anche quando è fautore di fiumane di mali. In effetti “mediante la sua prescienza, Dio aveva preordinato come usarlo, anche se malvagio” (Ivi). Nel paragrafo successivo, Agostino approfondisce il pensiero espresso: “Dio non creerebbe non dico un angelo ma nemmeno un uomo, di cui avesse previsto che sarebbe divenuto malvagio, se non conoscesse pure a quale profitto dei buoni destinarlo e ornare così, mediante antitesi, come se fosse un bellissimo poema, la vicenda dei tempi” (De civitate Dei 11,18). Qui Agostino parla di espressioni anche antitetiche di cui si compone un poema: una antitesi evidenzia il valore della tesi. Altrove dirà che anche nelle pitture viene usato il colore nero. In mano al pittore dà risalto al senso di luce dell’intera opera. In conclusione, Dio sopporta il male per farne derivare un bene e per far risaltare il bene.
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