Commento al Vangelo domenicale
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Gesù entra nel quotidiano con uno sguardo di pace

Marco 1,29-39

In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, subito andò nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva. Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta. Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano. Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce. Lo trovarono e gli dissero: «Tutti ti cercano!». Egli disse loro: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!». E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni.

Parole chiave: Domenica 8 febbraio (1), Vangelo (419)

La Parola del Vangelo di Marco di questa quinta domenica del tempo ordinario ci porta a riflettere su un tema a tutti molto caro: Gesù passa e risana le ferite, ridona all’uomo energia e motivo di riprendere il cammino. Il versetto di Marco 1,28 ci ha consegnato il racconto della fama di Gesù che si estende. Egli, però, vuole entrare nella quotidianità, nella realtà domestica di Simone con uno sguardo di pace, invitando al servizio. Non solo guarisce la donna, ma molti altri malati e indemoniati. Con gesti semplici, senza alcuna enfasi, l’evangelista Marco tratteggia la vicinanza di Gesù ai sofferenti, il suo desiderio di donare nuova vita, senza risparmiare le sue forze, fino a sera tarda, anche dopo il tramonto, perché l’incontro con il povero, con colui che si trova nella sofferenza, non può essere messo in secondo piano, è per Gesù prioritario. Gesù non fa distinzioni, risana tutti coloro che si presentano: Egli passa anche per noi, oggi, in questo momento: ci viene incontro e stende la sua mano perché le nostre ferite si possano rimarginare e rinasca in noi la forza di guardare con speranza al futuro. Egli, come con la suocera di Pietro, ci fa alzare e sollevare lo sguardo, per scorgere la bellezza del creato, il gusto e il profumo del bene. Gesù è al centro di un’umanità sofferente e costituisce, da un punto di vista cristiano, la risposta al grido di Giobbe, che nella prima lettura si rivolge a Dio, disperato: “La notte si fa lunga e sono stanco di rigirarmi fino all’alba”. Anche noi sentiamo vere queste altre parole: “Non ha forse un duro lavoro l’uomo su questa terra e i suoi giorni non sono come quelli di un mercenario?”. La giornata di Gesù, oggi annunciata dal Vangelo, entra dentro le nostre giornate per infondervi speranza evangelica ed entusiasmo. Dobbiamo credere che, soprattutto nei momenti di maggiore difficoltà, Gesù ci prende per mano, quando umanamente non troviamo le forze per reagire, quando razionalmente ci sembra impossibile trovare soluzioni, quando spiritualmente ci sentiamo spenti. Egli è lì, accanto a noi, a scaldare il nostro cuore: “I giorni in cui hai visto solo un’orma sulla sabbia sono stati i giorni in cui ti ho portato in braccio” (anonimo brasiliano, Messaggio di tenerezza).
Gesù restituisce la salute, per trasformare la nostra vita in carità. La suocera, una volta guarita, inizia a servire. L’incontro con Gesù fa rinnovare l’uomo per incamminarlo sulla strada del servizio. Il Signore non ci chiama a fare miracoli, a guarire, ma ci chiama al miracolo del servizio, a prenderci cura del fratello, a farci prossimi di chi soffre, a far sorgere il tempo della compassione. Spesso mi chiedo se il contatto con il Signore genera nel cuore di ogni credente il desiderio di trasformare questo tocco di salvezza in gesti di carità. E mi chiedo pure se la prossimità al povero, che quotidianamente incontro, è sempre motivata e resa forte dall’incontro con Cristo! In ogni incontro con una persona ferita, siamo chiamati a ricordare come ognuno di noi ha parti sane e parti ferite; questo ci dovrebbe aiutare a non fare distinzioni e a comprendere che ciascuno nasconde tratti di profonda povertà, mescolati ai talenti che il Signore ci ha instillato nel cuore. Riflessioni che dovrebbero fondare il nostro agire quotidiano. L’amore di Cristo che si trasforma in carità fraterna: è un’equazione semplice, apparentemente scontata, ma spesso così difficile da vivere! Perché? Il Vangelo odierno ci mostra ancora una volta nel comportamento di Gesù, la via per vivere questa dimensione spirituale: “Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava”. Gesù ricerca, nei numerosi impegni giornalieri, il momento che dà senso a tutto il suo agire, senza del quale non sarebbe in grado di incontrare e sanare le ferite degli uomini. L’incontro con il Padre, la preghiera quotidiana, l’orazione del cuore, unica via per vivere la carità, per mettersi a servizio dei fratelli. Ecco la sola risposta che il Signore ci offre nel nostro frenetico scorrere del tempo. Come Gesù, dobbiamo inventare spazi segreti di preghiera che danno salute all’anima, spazi di vita interiore, a tu per tu con Dio: “Abbiamo bisogno d’implorare ogni giorno, di chiedere la sua grazia perché apra il nostro cuore freddo e scuota la nostra vita tiepida e superficiale… Che dolce stare davanti a un crocifisso, o in ginocchio davanti al Santissimo, e semplicemente essere davanti ai suoi occhi!” (Papa Francesco, Evangelii gaudium).

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