La vertigine di chi si crede don Chisciotte
L’uomo che uccise don Chisciotte
(Usa, 2018)
Regia: Terry Gilliam
Con: Jonathan Pryce, Adam Driver, Stellan Skarsgard, Joana Ribeiro,
Olga Kurylenko
Durata: 132’
Ci sono film che sono passati alla storia del cinema anche se non sono mai stati realizzati. Il più celebre è senz’altro Il viaggio di Mastorna (Mastroianni torna...), che Federico Fellini vagheggiò di girare per tutta la vita e mai ci riuscì.
Un altro è il Don Chisciotte di Orson Welles, che ebbe, come quasi tutte le opere del grande maestro americano, vita produttiva travagliatissima e mai portata a termine.
Il personaggio del capolavoro di Cervantes sembra essere quasi letale per i cineasti, se è vero che anche Terry Gilliam, già anima creativa del gruppo comico Monty Python e poi regista di gran valore, insegue da anni il miraggio di un film sul cavaliere dalla trista figura.
Ci aveva provato negli anni Novanta, arrivando ad un passo dall’opera compiuta, ma una incredibile serie di traversie, fino alla malattia del protagonista scelto in quel periodo, il francese Jean Rochefort, ne impedì la realizzazione (come descritto nel bellissimo documentario Lost in La Mancha, 2002 di Keith Fullon e Louis Pepe).
Ci riesce solo oggi, portando finalmente nelle sale un film forse non perfetto, ma di grande fascino e passione.
L’anziano Javier (Jonathan Pryce) è convinto nella sua follia di essere don Chisciotte e che un giovane consulente pubblicitario incontrato per strada (Adam Driver) sia Sancho Panza (il giovane si chiama Toby Grisoni, praticamente come il cosceneggiatore del film che di nome fa Tony).
Con non pochi riferimenti non solo alla storia di Cervantes ma anche a Un americano alla corte di re Artù di Mark Twain il film ha una andatura altalenante tra il mondo così com’è – il cosiddetto mondo reale, concreto, misurato dalle aspirazioni di carriera e dai bilanci economici – e il mondo così come sarebbe nella testa di Javier/don Chisciotte.
Ma Terry Gilliam è regista e autore troppo sapiente e accorto per dividere la storia in due dimensioni nettamente separate e senza interconnessioni. In fondo si tratta del tema portante non solo del Don Chisciotte scritto ma anche di ogni storia portata sullo schermo: qual è il confine tra realtà e immaginazione, tra vita concreta e sogno, tra avvenimento e racconto dell’avvenimento?
Il film coglie quindi spesso la vertigine della mente del protagonista che, come un’onda inarrestabile e potentissima, pian piano avvolge anche le persone che entrano in contatto con lui.
Una vertigine affascinante e turbinosa, realizzata con la preziosa collaborazione delle scenografie di Benjamin Fernandez, dei costumi di Lena Mossum, della musica di Roque Banos e della fotografia di Nicola Pecorini, storico collaboratore di Gilliam.
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