Lezione numero uno di strumentalizzazione politica. In Centramerica alcune migliaia di manifestanti (meno di 5mila) si sono messi in marcia per raggiungere il confine degli Stati Uniti e protestare contro le politiche migratorie statunitensi. Trump parla di invasione, fa schierare migliaia di soldati al confine (quale confine? Quello tra Usa e Messico è colossale) e, soprattutto, i manifestanti-camminatori sono a 3mila km di distanza dal suddetto confine. Come se l’Italia schierasse urgentemente i soldati al Brennero per contrastare una marcia di persone che si trovano al Circolo Polare Artico e che tra qualche giorno si disperderanno per la Finlandia. Ma lui: "Invasione! Li fermeremo!". Ah, tra non molto negli Usa si vota.
Scusate il ritardo, sono sceso dall’arca che mi ha dato un passaggio da casa al lavoro, era molto affollata anche se poi non abbiamo trovato traffico in mare. Provvidenziale, la mia casa è sotto metri di acqua, per fortuna che hanno chiuso le scuole da Malcesine a Castagnaro. E ancora grazie Noe.
Vladimir Putin ha mandato un videomessaggio al Forum Euro-asiatico che si sta tenendo a Verona, sostanzialmente chiedendo la fine delle sanzioni occidentali contro la Russia. Giusto, se poi i danni li subiscono più gli esportatori italiani che i russi. Ma ricordiamo perché ci sono, queste sanzioni: per l’invasione (Crimea, Donbass) di un pezzo dell’Ucraina, e conseguente guerra che si protrae tuttora; e per le azioni spionistiche che hanno provocato in Gran Bretagna un morto, due tentati omicidi e una possibile strage di massa da parte di agenti russi. Giusto per capire il perché esistono, queste sanzioni. Che stanno mettendo in enorme difficoltà l’autocrate Putin, oltre che i russi.
Un tempo i telefonini “basici” erano prerogativa dei molto anziani, già impacciati per le piccole dimensioni di questi trabiccoli. Oggi capita sempre di più di incrociare persone molto meno anziane che girano con cellulari ridotti al minimo. Da una parte smartphone grandi come schermi tivù che ti fanno pure la polenta; dall’altra telefonini con cui telefonare e basta. «Mi serve per questo, il resto non mi interessa», la risposta. A fianco di chi sfoggia l’ultimissimo modello con le funzioni più avanzate, cresce la fronda di chi pensa che il troppo stroppi. E che la vita sia fuori da quello schermo.
La nuova frontiera della politica è copiarsi i programmi, i progetti, le idee. Sindaci che copiano i programmi di altri sindaci, magari a centinaia di chilometri di distanza; amministrazioni (quella veronese) accusate di mettere in pratica le proposte... delle opposizioni (eh no, quella roba lì l'avevamo detta noi!). C’è una cosa da attribuire come merito invece all’attuale governo gialloverde: le loro proposte non le vuole copiare nessuno.
L’altro giorno l’ex comico da avanspettacolo Beppe Grillo ha pensato bene di insultare, in pubblico durante un comizio con i suoi amici pentastellati, chi è affetto da autismo, per suscitare quattro risate. A proposito: anche le iene ridono. A parte il fatto che l’ultima volta che Grillo ha fatto ridere è stato negli anni Ottanta, all’ex comico ora in grossa difficoltà professionale bisognerebbe controbattere in modo adeguato al livello della sua comicità. Poi però è sorto un pensiero: se non si deve insultare chi è malato, che sia il caso di farlo con Grillo? E ci si è chiesti: la scemenza è una malattia?
Lo ricordava Stefano Lorenzetto nell’ultimo suo articolo domenicale su L’Arena – serie di articoli che, in quanto lunghi, saremo forse tra i pochi a leggerli. Ma sono bellissimi –: quando Alcide De Gasperi morì (e stiamo parlando di De Gasperi, non dei quaquaraquà odierni) le sezioni italiane della Dc fecero una colletta per acquistare una casetta alla vedova e alle figlie. Perché nemmeno quella era riuscito ad assicurare alla famiglia nei suoi anni di presidenza del Consiglio. Ogni altro commento pensando appunto ai quaquaraquà, è superfluo.
L’Ineffabile (il caro ministro Toninelli) pensava fosse già stato costruito, tanto da dire in pubblico: voi non sapete quanti camion passano di lì! Nessuno, perché il tunnel ferroviario del Brennero è ancora in costruzione e casomai ci passeranno i treni. Ma fa niente, non è indispensabile che il ministro dei Lavori pubblici ne sappia più di un gatto. Il problema è che i suoi amici pentastellati locali, il tunnel del Brennero non lo vogliono proprio. Toglierà molti camion dalle autostrade, migliorerà la qualità dell’aria quindi non s’ha da fare. Per la ragione che i grillini non vogliono che in Italia si faccia qualcosa, dalle Olimpiadi ai tunnel. Varie le motivazioni, riconducibili, a parer nostro, ad una sola: se si fa qualcosa, poi ci vuole pure la competenza per fare. Addirittura per capire. E lì, come ben insegna Toninelli e il suo futuro ponte autostradale a Genova dove, a dir suo, passeggeranno le famiglie…
Or dunque il nostro amatissimo ministro dei Lavori pubblici Danilo Toninelli – uno che amiamo smisuratamente per la sua capacità di farci ridere – ha detto che in Abruzzo ci sono viadotti messi proprio male, i piloni malandati li ha visti egli stesso di persona personalmente. Ha fatto chiudere l’autostrada? No. E cosa devono fare gli automobilisti che ogni giorno la percorrono? Pensare a Toninelli e, appunto, ridere per non piangere.
In tremila per dieci posti da infermiere. E poi dicono che mancano gli infermieri, negli ospedali italiani… Ma il pensiero va a quei tremila che, da tutt’Italia, si sono fiondati a Verona per sfidare la sorte. Perché una simile selezione non è una gara che seleziona i migliori, ma una vera roulette. Con che animo ti accingi a fare le prove di selezione, sapendo che per un posto ci sono trecento pretendenti?