La forca
L’impressione – netta – è stata quella del buana bianco nelle vesti coloniali del cacciatore che, una volta stesa la preda, le mette un piede sopra per farsi fotografare tutto tronfio. Perché, tra un “mi fa schifo” e un “spero che ora marcisca in galera” (e la chiave, non va buttata via?) fino a un video autocelebrativo in cui un ministro guardasigilli si è travestito da De Gaulle all’amatriciana, la cattura del latitante Cesare Battisti è stata una fiera delle vanità a uso telecamera mica da scherzo. Anzi, senza alcuno scherzo. Tanto che non avrebbe stupito un tentativo di linciaggio sulla pista aeroportuale da parte del ministro dell’Interno e di quello della Giustizia. Insomma, più uno show durante la gara del rutto al bar, che una ferma quanto sobria presenza istituzionale. Senza nemmeno accennare – tanto “deve marcire in galera” – al fatto che, per quanto orrido e repellente, il signor Battisti è un cittadino come tutti gli altri, soggetto alle stesse leggi a cui siamo soggetti tutti noi. Si chiama stato di diritto, e ci distingue dal Gabon o dall’Iran. Oppure, in una pausa della gara di rutti, è stato approvato un nuovo codice penale ad personam?
È ora che crescano. O che la smettano.
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