La Madonna della Corona più completa esce dal libro di mons. Cacciatori
di BRUNO FASANI
Opera imprescindibile per chi voglia conoscere bene il santuario che da secoli ha scandito la pietà popolare di tanti pellegrini
di BRUNO FASANI
I dotti, parlando di questo libro, direbbero che è scritto e documentato con acribia. Detto con parole più semplici, quello che colpisce è la precisione, l’esattezza meticolosa con cui l’autore ha voluto raccontarci un luogo, che da secoli ha scandito la pietà popolare di tanti pellegrini, venuti da tutto il mondo a raccontare alla Madonna i segreti più o meno dolorosi che si portavano dentro. Il Santuario Madonna della Corona – in una splendida cornice di natura e di grazia (La Grafica Editrice, pag. 235) è il titolo dell’opera che mons. Giuseppe Cacciatori ha voluto dedicare al santuario più ardito d’Italia, di cui è stato rettore per quasi trent’anni. Ma sarebbe davvero riduttivo indugiare tra le pagine di questo volume, senza fermarsi un attimo, con riconoscenza, per togliere dalla discrezione e dal riserbo che lo connota, la figura del suo autore. Perché chi ha avuto la fortuna di conoscere questo uomo di Dio, sa che nascosta tra le parole e le immagini che ci regala in questo volume, è possibile avvertire la forza di una testimonianza evangelica, che da sempre ha servito la Chiesa in maniera silenziosa, generosa, coerente e senza risparmio. E c’è da credere che lui sarà stupito di questa attenzione mediatica e forse anche intimorito, se non proprio a disagio, perché non è da lui cercare le luci della ribalta, anche se la Chiesa veronese deve pur dirgli il grazie riconoscente per anni di ministero spesi nel nascondimento di una generosità senza misura. Un ministero che mons. Giuseppe Cacciatori, dopo alcuni anni come assistente nel Seminario maggiore, ha svolto per 13 anni come direttore della Caritas diocesana e, per quasi trent’anni come rettore del santuario della Madonna della Corona, e infine, per altri 12 in qualità di parroco a Torri del Benaco. Chi lo conosce, sa che la causa prima ed ultima che lo ha spinto a mettere mano a questa opera, che ha carattere storico-divulgativo, ma anche di guida per i pellegrini, è riconducibile esclusivamente ad un atto di fede, con l’unico scopo di rendere omaggio alla Pietà venerata alla Corona, nel 500° anniversario dal ritrovamento della statua nel santuario. Una statua intorno alla quale la pietà popolare, nel tempo, ci ha ricamato intorno i tratti della leggenda, accreditando che fosse venuta in volo da Rodi fino alle pendici del Baldo. In realtà, sappiamo che si tratta di una scultura fatta su un blocco di pietra pario, ossia di marmo bianco statuario, nel 1432, quando Ludovico da Castelbarco, nel Trentino, l’aveva commissionata ad un anonimo scultore, il quale si era ispirato all’iconografia tedesca, secondo la sensibilità religiosa del tempo. Il suo arrivo in terra veronese è presumibilmente legato al fatto che in quelle zone impervie, nascosti tra le grotte delle rocce a strapiombo, vivevano monaci ed eremiti. Se da 500 anni abbiamo notizie, storicamente più documentate su questo santuario, compresa la visita del vescovo Giberti nel 1530, è solo in tempi più recenti che questo luogo ha conosciuto una crescente visibilità, espressa da un afflusso sempre più consistente di pellegrini. La costruzione di gallerie nel 1922, che consentivano l’accesso diretto, ha segnato certamente una svolta. Non era più necessario calare il materiale dall’alto, attraverso gli argani che, per secoli, avevano consentito il rifornimento di materiali e di viveri e, soprattutto, l’accesso era diventato assolutamente più agevole per quanti volevano accedere al luogo. Ma è solo in tempi più vicini a noi e, precisamente in coincidenza con il rettorato di mons. Giuseppe Cacciatori, a partire dal 1977, che il santuario ha conosciuto un salto di qualità attraverso l’ampliamento della struttura, il suo abbellimento e, soprattutto, una razionalizzazione degli spazi, in prospettiva sacramentale e liturgica, facendone un luogo di spiritualità di assoluta eccellenza. Un’opera di rilevanza architettonica non indifferente, che solo la mano della Provvidenza ha potuto rendere possibile, come risposta alla fede e alla tenacia di chi ha messo mano ai lavori. È di fatto impossibile scegliere, all’interno delle pagine di questo volume, qualche particolare che si imponga sugli altri. Tutto è così documentato nella rigorosa descrizione, da assorbire la curiosità e l’interesse storico e artistico del lettore. E si capisce che ogni dettaglio è fiorito dall’intelligenza di un “innamorato”, mosso dalla passione della fede, che ha voluto fare di questo luogo uno spazio di intimità con Dio e con la Vergine Maria. Dalla bellezza delle opere scultoree a quella delle vetrate, dal luogo della Riconciliazione alla Scala Santa, dalla galleria con esposizioni permanenti al Sacellum Pietatis, dove la Madonna avrebbe sostato al suo arrivo, non c’è angolo che non consenta di interiorizzare i messaggi profondi che arrivano da ciò che si contempla. Il libro se, da una parte, consente un percorso storico di grande rigore cronologico, dall’altra prende il pellegrino per mano, portandolo a conoscere ogni angolo del luogo, con una tale chiarezza da consentire la percezione d’essere dentro la scena, prima ancora di visitarla realmente. Mi piacerebbe pensare che, d’ora in avanti, chi decidesse di recarsi al santuario della Corona, potesse trovare il tempo per entrare in questo luogo, attraverso le pagine del libro, prima ancora di arrivarvi. Non tanto per una conoscenza culturale generica, quanto per creare quel clima di attesa e di fede, che sono fondamentali per cogliere il respiro che trasmette il santuario. E, una volta giunti, aprire gli occhi perché il Mistero si racconti, senza parole, nei simboli che lo esprimono. Non senza un sentimento di gratitudine verso chi, nel silenzio e nell’umiltà, è stato artefice di tanta bellezza, che oggi ci racconta in un libro da tenere caro.