Il Baldo bussa alle porte dell'Unesco
di ILARIA BAZERLA
Un unicum naturalistico e culturale: diventerà Patrimonio dell'umanità?
di ILARIA BAZERLA
«Tuto quello è tra l’Adexe e Laco è dicto Monte Baldo». Così scriveva lo storico veneziano Marin Sanudo nel 1483 nel suo Itinerario per la Terraferma veneziana. Un monte che separa e nel contempo unisce due differenti territori. Come una Gaia nostrana, fa da sentinella al lago e alla valle dell’Adige, sull’altro versante, ed è uno scrigno di biodiversità. I suoi 392 chilometri quadrati rappresentano soltanto lo 0,2% del territorio alpino, eppure racchiudono più del 40% della flora delle Alpi: ben 2.150 specie, di cui 71 endemiche alpine e 3 esclusive del Baldo.
La sua biodiversità è dovuta alle diverse fasce climatiche che la montagna presenta: da un clima lacustre quasi mediterraneo, fino a un clima alpino, a più di 2mila metri di altezza. Per quanto riguarda la fauna, sono presenti più di un terzo delle specie della fauna italiana, soprattutto insetti. Ecco da dove nasce l’idea di candidare questi luoghi a Patrimonio dell’Umanità.
Se ne parlava da un po’, poi le cose hanno subito un forte rallentamento, finché è parso che si fosse abbandonata l’idea. «Nel 2015 – spiega Quinto Canali, della neonata associazione “Monte Baldo Patrimonio dell’Umanità” – si era aperto un tavolo di confronto in cui molti specialisti avevano preso parte al dibattito. Poi, nel 2018, dopo un paio di convegni sul tema che si sono svolti a Trento e a Brentonico, è scaturita la questione del Mab, cioè un piano regolatore sovracomunale che regolamentasse l’urbanizzazione del Baldo. Il Ministero per i Beni e le attività culturali ci aveva consigliato di fare prima il Mab e poi di richiedere la candidatura Unesco, ma poi si è scoperto che questo non era possibile: non si può ottenere lo stemma di Patrimonio dell’Umanità se si ha un Mab, perciò si è fermato tutto fino allo scorso anno. Abbiamo ripreso le fila del discorso a Garda, dove la primavera scorsa è nata l’associazione di promozione sociale “Monte Baldo Patrimonio dell’Umanità” ed ora è attraverso questa realtà che stiamo riallacciando fili e riaprendo dialoghi lasciati in sospeso con sindaci, amministratori locali, associazioni, cittadini... Perché il Baldo, anche se da secoli è terra di confine, ha tuttavia senso solo se viene pensato in maniera unitaria. Un concetto che anche Unesco Italia ci ha sottolineato. Senza la presentazione unitaria di una richiesta di candidatura, non prenderanno neppure in considerazione la domanda, che noi vorremmo presentare entro settembre 2022».
Gli enti preposti alla presentazione della candidatura del Baldo unitario a Patrimonio Mondiale Unesco e al perseguimento del prestigioso riconoscimento sono la Provincia Autonoma di Trento e la Regione Veneto, mediante la sottoscrizione di un apposito accordo di programma.
«I 5 Comuni trentini del Baldo hanno ufficialmente aderito al programma, comunicando l’assenso nell’incontro voluto dall’assessore provinciale delegato Mauro Gilmozzi a Brentonico il 7 maggio 2018 e ribadendolo nell’incontro voluto l’anno successivo a Mori dal suo successore Mario Tonina – specifica Canali –. Il Consiglio della Provincia autonoma di Trento ha quindi deliberato all’unanimità il 6 agosto 2020 a favore e sostegno della candidatura. Dei 10 Comuni veneti del Baldo, finora Garda ha approvato l’adesione e il sostegno al programma in autonomia; gli altri 9 si apprestano invece a farlo a maggioranza tramite l’Unione Montana del Baldo-Garda che li unisce e rappresenta; si sta inoltre costituendo una maggioranza trasversale a livello del Consiglio regionale del Veneto, che porterà ad un suo positivo ed esteso pronunciamento a favore».
Ma perché farsi inserire in questo elenco dell’Unesco? «Il Monte Baldo Patrimonio dell’Umanità servirà a preservare tesori unici nel loro genere e a promuovere un modello di sviluppo economico sostenibile e integrato, favorito da una cultura dell’ospitalità consapevole – spiega Canali –. La valorizzazione del paesaggio contribuirà a sostenere sia le specificità locali, sia la formazione scientifica internazionale in ottica glocale». Gli fa eco Anna Vittoria Ottaviani, docente di Lettere e membro del direttivo dell’associazione: «I siti registrati come Patrimonio dell’Umanità a livello globale sono 1.121. Di questi, solo 39 sono a carattere misto, cioè hanno sia rilevanza naturalistica che culturale. In Italia, il Paese che ha più siti Unesco in Europa, abbiamo una cinquantina di siti di carattere culturale e solo 5 di carattere naturale: il Baldo sarebbe il primo sito (e per ora l’unico) in Italia ad avere entrambe le cose». Che caratteristiche deve avere un sito per rientrare in queste categorizzazioni? «Per essere inseriti nella lista Unesco – prosegue Ottaviani – i siti devono rispondere ad almeno uno dei 10 criteri previsti dall’organizzazione. Il Baldo risponde a 3 di questi requisiti: è associato con tradizioni ancora viventi e con opere artistiche e letterarie di significato universale; costituisce un esempio significativo di importanti processi ecologici e biologici in atto nell’evoluzione e nello sviluppo di ecosistemi e di ambienti vegetali e animali; presenta habitat naturali che conservano la biodiversità».
Quinto Canali ci tiene però a sottolineare che «non è che l’Unesco poi metta dei paletti ai piani regolatori, o impedisca di antropizzare un paesaggio. Non c’è una sua diretta sovrastruttura regolamentare, ma semmai un controllo biennale fatto da organismi autonomi dall’organizzazione. Questo presuppone che siano gli amministratori e gli abitanti di quel territorio a preservarlo per primi, attraverso le loro scelte». «Naturalmente questo – fa eco Raffaello Boni, di Legambiente – presuppone un cambio radicale di mentalità e cultura che al momento ancora non c’è. Spero che questa candidatura possa cambiare le cose».
Non sei abilitato all'invio del commento.
Effettua il Login per poter inviare un commento