Gli «gnochi sbatui» ora sono patrimonio della Lessinia
di MARTA BICEGO
Riconoscimento di tipicità per il piatto più tipico della nostra montagna
di MARTA BICEGO
Pochi ingredienti, ma genuini. Farina di grano tenero, acqua calda, sale quanto basta. Ma soprattutto burro fuso in abbondanza, accompagnato da una pioggia di formaggio grattugiato, possibilmente (volendo mantener fede alla ricetta originale) Monte Veronese stagionato. Si preparano così gli gnocchi di malga o gnochi sbatui o gnocchi di farina... Certo: quel che conta è trovarseli, fumanti, sulla tavola. E sulla bontà non si discute.
Mancava però una definizione univoca, arrivata con decreto ministeriale del 25 febbraio a servire il saporito piatto tipico della montagna veronese con un nome preciso, adesso riconosciuto a livello nazionale: Gnocchi della Lessinia. Sono stati aggiunti nell’elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali intesi quali “prodotti destinati all’alimentazione umana, le cui metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura sono praticate in maniera omogenea e secondo regole tradizionali e protratte nel tempo (periodo non inferiore a 25 anni)”.
Assieme agli gnocchi, in questo speciale registro della Regione, che annovera ben 387 tipicità in rappresentanza di tutte le province venete, da quest’anno compare il pero misso, già riconosciuto come Presidio Slow Food. Per raggiungere questo riconoscimento, la Pro loco di Sant’Anna d’Alfaedo, presieduta da Marcella Marconi, ha lavorato due anni. Biennio in cui, spiega, «abbiamo coinvolto gruppi di cuochi delle sagre del paese, che hanno inserito il piatto nel loro menù e con il quale hanno partecipato al Palio degli gnocchi al Forte Tesoro». Poi, prosegue la presidente, «alcuni ristoratori della zona, anch’essi con questo piatto proposto all’interno dei loro locali. Tutti quanti hanno riscontrato grande entusiasmo e volontà nel dare un’identità riconosciuta a livello nazionale a questo piatto tradizionale e assolutamente tipico, che tanto ha da raccontare del territorio e delle sue tradizioni, a cominciare dalla pratica dell’alpeggio e della vita in malga».
Nelle cucine dei montanari non mancava questa prelibata pietanza, per la cui preparazione uno dei segreti è utilizzare un vecchio paiolo di rame durante la cottura. Come quello che nelle malghe dell’altopiano era appeso sopra al camino con il fuoco acceso, nel locale della baita chiamato logo del fogo. Là dove burro e formaggio non mancavano ad allietare i palati dei commensali. Con qualche variante tuttora apprezzata, come la ricotta affumicata, ad impreziosire la portata. Per procedere con la segnalazione alla Regione e in seguito al Ministero per l’inserimento nell’elenco nazionale, la Pro loco di Sant’Anna ha avviato un’importante ricerca bibliografica sull’origine del piatto fino ai giorni nostri. «Una delle condizioni necessarie per entrare nel registro – sottolinea Marconi – è che gli gnocchi fossero prodotti nello stesso modo da almeno 25 anni. Sappiamo che sono molto più antichi, ma bisognava comunque dimostrarlo con prove scritte».
A tal proposito, utile è stato il volume Alti pascoli dei Lessini veronesi, pubblicato nel 1991. Una volta attestata l’origine antica e tradizionale, spiega, «si è trattato di scrivere la ricetta e la modalità di esecuzione, anche questa frutto del confronto tra cuochi e ristoratori». Una soddisfazione, fa notare, «che dà la possibilità alla montagna veronese e alle sue tradizioni, in questo caso culinarie, di sconfinare e promuoversi in tutta Italia. Il passo successivo potrebbe essere il percorso di certificazione europea Stg, di Specialità tradizionale garantita… Non si sa mai». A far eco è Giuliano Menegazzi, presidente del Parco della Lessinia: «Sugli gnocchi di malga la ricerca storica è risultata particolarmente difficile, ma ha riservato soddisfazioni. Basti pensare al video storico degli anni Settanta della famiglia Segala, di Erbezzo, che aveva recuperato l’antica ricetta dei malgari». Dunque, il paniere delle prelibatezze di montagna si arricchisce, contribuendo al rilancio turistico della Lessinia nel dopo-pandemia. Il Parco, conclude, «diventerà sicuramente attore per la valorizzazione del territorio quando sarà operativo nei suoi strumenti gestionali e nel subentro alla proprietà del marchio oggi in capo alla Comunità montana, attualmente in liquidazione».
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