Il prete è un ostensorio: lui deve sparire per indicare Gesù
di SILVIA ALLEGRI
L’affermazione di san Charles de Foucauld è l’auspicio che mons. Campostrini ha formulato per sé ai nuovi parrocchiani
di SILVIA ALLEGRI
Quando il desiderio di incontrarsi cristianamente e pregare insieme è così forte, poco importano maestosità e grandezza. Ciò che importa è vivere lo spirito di comunità insieme ed essere uniti nel nome di Dio. È successo questo alla prima comunità degli Angeli Custodi, quando scelse come luogo di preghiera gli spazi di un negozio di una nuova palazzina in via Albere 96, nella Spianà. E come avvenne per le chiese paleocristiane, la prima comunità si è riunita sopra una necropoli pagana scoperta solo negli anni ’90, e che ci ricorda come via Albere si sia sviluppata sull’antica Via Postumia. La scorsa domenica 29 ottobre la comunità dei Santi Angeli Custodi ha accolto il nuovo parroco, monsignor Roberto Campostrini, e il diacono don Francesco Pachera, che prendono il posto di don Luigi Grifalconi e di don Davide Bisognin. E nel frattempo quel piccolo nucleo di fedeli si è trasformato in una grande comunità.
Una parrocchia vivace e attiva
Qui, il primo gennaio 1960, don Luigi Fiorini iniziò la “cura d’anime”, incaricato dall’allora vescovo di Verona monsignor Giuseppe Carraro di interessarsi a quella zona dove era prevista la costruzione di uno stadio e di diverse case. Fu proprio lui a scegliere di dedicare la parrocchia agli Angeli Custodi: la sua proposta fu accolta dal Vescovo e il parroco si preparava anche così al rapido sviluppo di un quartiere che avrebbe accolto migliaia di giovani e di sportivi, e aveva dunque decisamente bisogno di numerosi “custodi”. Alla fine del 1960 venne istituita come vicaria indipendente, e solo nel 1966 venne eretta la parrocchia dei Santi Angeli Custodi con il territorio ricavato dalle parrocchie limitrofe di Santa Lucia Extra, San Massimo, Tempio Votivo e Santa Maria Immacolata. Nel 1968 la comunità si trasferì in via Arnolfo di Cambio e trent’anni dopo, nel 1998, entrò nella chiesa ristrutturata. Della parrocchia erano stati ben definiti i confini, che non a caso richiamano la forma di un angelo con tanto di ali, una delle quali corrispondente all’area occupata oggi dal Bentegodi. Molti parrocchiani ricordano ancora con affetto e un pizzico di nostalgia la cappellina di Via Albere, ma sono altrettanto felici di vedere una grande comunità impegnata in numerosissime attività e iniziative. «La nostra è una parrocchia che prega, con l’adorazione eucaristica quotidiana dal 2006 e il Rosario tutte le sere prima della Messa» sottolinea Valentina Zocca, ministro straordinario della Comunione e rappresentante del gruppo Masci (Movimento Adulti Scout Cattolici italiani) nel Consiglio pastorale, che insieme alla sua famiglia ha assistito all’evoluzione della vita parrocchiale e del rione. «Ma è anche una parrocchia che aiuta: abbiamo con noi la Caritas, con il suo centro di ascolto, che segue una ventina di famiglie; il Gruppo Arcobaleno, doposcuola per bambini e ragazzi stranieri; Unitalsi e i ministri straordinari della Comunione a sostegno di anziani e malati; il Giardino delle idee, gruppo di donne che creano oggetti artigianali da vendere in diverse occasioni a sostegno della comunità. Infine, è una parrocchia che evangelizza e vanta un gruppo numeroso di accoliti e di lettori per la liturgia». In un clima multiculturale e multietnico: sono davvero numerosi i fedeli srilankesi, indiani, pakistani, rumeni oggi parte attiva della vita parrocchiale. Dal 2021, inoltre, risiede in parrocchia il sacerdote nigeriano don Augustus Chigozie Chikwue, collaboratore del Centro pastorale immigrati per la comunità anglofona.
Il binomio sapiente di esperienza e fede
È stata ed è una vita intensa e ricca di esperienze formative quella di monsignor Roberto Campostrini, 58 anni, nato a Negrar e ordinato sacerdote nel 1990 come appartenente alla parrocchia di Concamarise. È stato per sei anni vicario parrocchiale di San Pancrazio al Porto (1990-96), quindi direttore spirituale nel Seminario minore (1996-2003), direttore del Centro pastorale Domus Pacis di Legnago (2003-2005), co-parroco di Bovolone (2005-2008). Dal 2008 al 2015 è stato direttore del Centro diocesano di spiritualità San Fidenzio, dell’Istituto diocesano Giberti per il clero giovane e della Comunità formativa per il diaconato permanente. Inoltre dal 2011 al 2015 è stato delegato episcopale per l’Ordo Virginum. Dal 2015 al 2016 è stato rettore del Seminario Vescovile e dal 2016 al 2023 vicario generale della diocesi. Dal 2016 è canonico onorario, da cui il titolo di monsignore. Ma se queste sono le tappe che confermano il suo lungo percorso, a descriverne le qualità nel modo più sintetico è stato il vescovo Domenico Pompili, durante la Messa di ingresso della scorsa domenica. Prima, però, ha scelto di offrire ai fedeli riuniti in chiesa una citazione dal libro Domande di Dio, domande a Dio. In dialogo con la Bibbia, scritto dai padri domenicani Timothy Radcliffe e Łukasz Popko: «Dio è una virgola e non un punto fermo. La virgola rimanda a qualcosa di più, manda avanti il discorso, lascia aperta la possibilità di comunicazione. Il punto mette termine e blocca il dialogo. Dio è ciò che ci consente di tornare a interrogarci sul senso della vita. La nostra generazione è incentrata sul come, e difficilmente si interroga sul perché». Così, rivolgendosi al nuovo parroco, lo ha invitato a perseguire un’importante missione: «Il tuo compito è risvegliare le domande che contano e risvegliare dal torpore, e sono certo che ci riuscirai. Perché hai in dote una grande qualità: la capacità di ascolto prolungato. Non è un caso se oggi sono presenti tanti preti che sono stati ascoltati, accompagnati, guidati da te. E hai anche un’altra qualità: la grandezza d’animo, che in te corrisponde alla grandezza fisica: sei una persona che, come un agricoltore, sopporta ogni genere di fatiche e ha la lungimiranza di chi è capace di mettere insieme esperienza e fede». E nel ricevere in dono la formella con gli Angeli Custodi monsignor Roberto Campostrini si prepara al suo nuovo incarico, usenza dimenticare il passato: «Grazie per il dono della famiglia, che mi ha educato alla fede e dalla quale sono stato sempre accompagnato; grazie alla Chiesa di Verona e ai vescovi Giuseppe e Domenico, per avermi chiamato a vivere la gioia del ministero e in particolare per la cura dei diaconi ai quali va la mia riconoscenza. Grazie per il dono di questa nuova famiglia. San Charles de Foucauld diceva che il prete è un ostensorio: lui deve sparire per indicare Gesù. Mi auguro di essere questo per voi».
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