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Scifoni e il sesso "in grazia di Dio"

Tutto esaurito all’Astra di San Giovanni Lupatoto per le due date di Santo Piacere. Ecco la nostra intervista all'attore

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Scifoni e il sesso "in grazia di Dio"

Si può parlare di fede e sesso in modo ironico e intelligente, senza imbarazzi, persino se si è cattolici? Sì, a giudicare dal successo di Santo Piacere. Dio è contento quando godo, spettacolo scritto e interpretato dall’istrionico Giovanni Scifoni. L’attore e conduttore romano, classe 1976, da più di un anno gira l’Italia registrando ovunque il tutto esaurito. Anche le due date al Teatro Astra di San Giovanni Lupatoto, il 14 e 15 febbraio scorso, sono andate sold out un mese prima, informano gli organizzatori della rassegna (Gruppo teatro “Il Canovaccio”, Comune e Circuito teatrale regionale Arteven). Scifoni, diretto da Vincenzo Incenzo, è salito sul palco accompagnato solo da una danzatrice, Anissa Bertacchinini, per raccontare il travagliato percorso di formazione erotico-sentimentale di un giovane cattolico.

– Cos’è questo sesso in grazia di Dio? 

«È un grande dono che abbiamo ricevuto e col quale deve fare i conti chiunque. Lo spettacolo nasce dalla lettura di un testo di Fabrice Hadjadj, che mi ha affascinato. L’autore fa un’analisi intelligente e mette a confronto due tipi di esseri umani: libertini e bigotti. I dissoluti vedono solo la carne, una sessualità senza mistica; gli altri una mistica senza carne. Hadjadj dice che bisogna scoprire la profondità della sessualità: è un modo per entrare in contratto con Dio, un assaggio dell’essere creatori. In ogni atto sessuale c’è una matrice di procreazione eterna: si può tentare di negare, ma c’è». 

– Oggi tutto sembra a portata di mano, persino il sesso.

«Di fatto nei giovani il sesso ha una facilità di accesso incredibile, come mai forse era avvenuto nella storia. Però poi le statistiche dicono che non se ne fa così tanto... Alla fine siamo terrorizzati da questa forzata prossimità tra le persone. I giovani sono spaventati da una telefonata, figuriamoci da una relazione: allora meglio internet o la pornografia, meno problematiche. La relazione è la cosa che ci impaurisce di più».

– C’entra in parte la trasformazione in una società sempre più virtuale?

«È un problema più complesso e articolato. È difficile dare un termometro della vita sessuale di un popolo. Possiamo immaginare che nella Roma antica esistesse una licenziosità esagerata solo perché a Pompei troviamo degli affreschi di lupanari e allora ci pensiamo che tutti facessero cose turche; ma non è vero, le donne erano perlopiù chiuse in casa. Quello che mi viene da pensare è che abbiamo perso completamente il senso della responsabilità legata al sesso. Il sesso la prevede, di vario tipo: la più grande è mettere al mondo una creatura, poi ce ne sono di intermedie. Un atto sessuale è in qualche modo una piccola promessa, che può essere disattesa. Si può far finta che non ci sia, ma c’è».

– Lei è diventato virale su Facebook con i divertenti video sulle vite dei santi. Ce n’è uno appropriato per il tema dell’amore carnale? 

«Direi l’Immacolata Concezione. Tanti credono erroneamente che Maria sia stata concepita senza unione fisica. In realtà Gioacchino e Anna hanno fatto quello che dovevano fare: è lei che è senza peccato originale. Ciò che rende bello l’atto sessuale fra un uomo e una donna è la mancanza di concupiscenza, ossia il desiderio di possedere, di avere qualcosa. Nel caso del frutto proibito di Adamo ed Eva quel desiderio era prendere in mano il proprio destino, conoscere il bene e il male, la strada da percorrere senza che fosse Dio a mostrarla. L’atto sessuale diventa povero quando non lasciamo che sia un dono reciproco: ne parlano tanti santi. L’assenza di peccato originale è questo: affrontare la vita come un dono». 

– Roberto Benigni a Sanremo ha declamato Il Cantico dei cantici. Le è piaciuto? 

«Sono un suo grande fan. Mi è dispiaciuto sia stato un po’ approssimativo su alcune informazioni. Ha detto che il testo è stato negato dalla storia della Chiesa, ma è una falsità; sarebbe stato molto più interessante raccontare quanto dibattimento abbia invece creato all’interno della Chiesa. Il Cantico poi è straordinario per la sua ambiguità: una caratteristica forte che ne fa un testo spirituale la cui interpretazione non è semplice. Contiene la celebrazione sessuale tra uomo e donna e la celebrazione sponsale tra l’uomo e Dio. È un peccato che Benigni abbia semplificato troppo questo aspetto: abbiamo bisogno proprio di grandi come lui perché ce lo facciano apprezzare».

– Ha parlato di fede e amore fisico, copiando da lei.

«(Ride, ndr) Aver portato la Bibbia a Sanremo è stato profondamente rivoluzionario. Raccontare su Rai1 che Dio celebra la sessualità nell’uomo è stato dirompente».

– Ha aiutato a rivedere l’opinione diffusa di Chiesa come entità dei divieti, contraria al progresso? 

«In realtà no, perché Benigni ha presentato il Cantico come contraddizione. “La Chiesa non vuole”, ha detto, rafforzando un certo luogo comune che, non nascondiamocelo, è anche motivato: la sessuofobia c’è stata nella storia della Chiesa. Tanti santi e pontefici hanno cercato di scostare questa tara, però c’è ancora tanto lavoro da fare».

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