Il perdono, non la magia, rende uomini
Inaugura il 71º Festival Shakespeariano, venerdì 28 giugno e in replica sabato 29 (ore 21.15) al Teatro Romano, un classico della letteratura d’ogni tempo: La tempesta di William Shakespeare, che ne è considerato il testamento spirituale.
Inaugura il 71º Festival Shakespeariano, venerdì 28 giugno e in replica sabato 29 (ore 21.15), un classico della letteratura d’ogni tempo: La tempesta di William Shakespeare, che ne è considerato il testamento spirituale.
Lo spettacolo, firmato da Luca De Fusco, vede nuovamente insieme a Verona Eros Pagni (nella foto) e Gaia Aprea, che a febbraio abbiamo applaudito al Teatro Nuovo, dove hanno interpretato, diretti dallo stesso regista, Salomè di Oscar Wilde.
La pièce ritorna nel cartellone dell’Estate Teatrale Veronese dopo quasi un decennio (nel 2010 ebbe come protagonista Giorgio Albertazzi e nel 2012 la mise in scena la Popular Shakespeare Kompany di Valerio Binasco), ma del tutto nuovo e originale risulta questo adattamento: la scena, infatti, è attualizzata ed ambientata nella biblioteca di Prospero che, tra magie, allucinazioni ed effetti multimediali, immagina e crea un’isola che non c’è; i personaggi sfoggiano un abbigliamento anche contemporaneo e, accanto ai ritratti di eruditi del passato, sono affissi alle pareti anche gli enigmatici quadri di Magritte. Nell’ideare lo studio del mago, il regista ha voluto ricordare suo padre, cui, in occasione dei suoi novant’anni, ha dedicato la messinscena: «Mi sono reso conto che il mio Prospero altri non era che mio padre, Renato De Fusco, emerito storico dell’architettura che, dal chiuso della sua biblioteca, ha raccontato, in decine di opere, edifici in gran parte dei quali non è mai stato, ma che ha avuto la capacità visionaria d’immaginare».
La commedia narra di Prospero, duca di Milano, che, spodestato dal fratello Antonio, naufraga su un’isola deserta con la figlia Miranda. Grazie alla conoscenza dell’arte magica, Prospero libera dal potere della strega Sicorace il grazioso spirito dell’aria Ariel, che si mette a suo servizio con Caliban, il mostruoso figlio della stessa negromante. In seguito, fa affondare al largo dell’isola una nave: a bordo, fra gli altri, Antonio l’usurpatore, Alonso re di Napoli, accompagnato dal figlio Ferdinando ed il saggio consigliere Gonzalo. Dopo alterne vicende, tutti si ritrovano e si ravvedono: Ferdinando e Miranda si innamorano, complici i piani di Prospero; il deposto duca perdona il fratello a patto di far ritorno a Milano ma, prima di imbarcarsi, libera le creature fantastiche di Ariel e Caliban e spezza la bacchetta magica, rinunciando ai poteri soprannaturali, accettando solo e semplicemente di essere “uomo”.
Con questo epilogo si chiude il capolavoro del Bardo, ambientato in un’atmosfera fiabesca (memorabile, a tale proposito, la battuta dell’atto IV, scena I: “Siamo fatti della stessa materia di cui sono fatti i sogni e la nostra minuscola vita è contenuta in un sogno”), dove tutti perdono l’orientamento e vagano incessantemente, come nel labirinto della vita, ma dove tutti alla fine ritrovano se stessi ed i contrasti si placano.
Cecilia Tomezzoli
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