Il sapore di "Casa Nostra" addolcisce il bisogno
di FRANCESCA SAGLIMBENI
La struttura di accoglienza a San Zeno in Monte: mensa e camere
di FRANCESCA SAGLIMBENI
Dalle grandi vetrate ad arco affacciate sulla sinistra d’Adige, che costeggia gli scorci più pittoreschi di Verona, si vedono svettare i campanili illuminati dalle luci della notte e ondeggiare le scure sagome dei cipressi e di altre varietà di conifere. All’imbrunire, poi, sullo sfondo, con l’approssimarsi della primavera è persino possibile cogliere il sole nell’ultima fase del suo tramonto, che nel congedarsi lasciare il posto a una altrettanto fulgida luna. Una scenografia sempre magica e sorprendente.
Sono camere – a ben dire – con vista... quelle che ogni sera, durante l’emergenza freddo, accolgono persone senza fissa dimora e bisognosi dell’associazione Casa Nostra ospitata negli spazi del complesso calabriano di via San Zeno in Monte, un tempo adibiti a falegnameria. Vista sulla città, ma ancor più puntualmente sulle opere dell’uomo e le opere del Creato assieme.
Alle 17.30 apre il servizio di mensa. Alcuni ospiti raggiungono la zona in autobus, altri in bicicletta, ma la salita è a piedi per tutti. Sia per chi intraprende la Scala Santa, che per chi imbocca direttamente San Zeno in Monte. Una camminata breve, tutto sommato, ma bella intensa. Immediatamente ripagata, vuoi dall’accoglienza nell’ampio salone d’ingresso (un luogo adeguatamente riscaldato, in cui oltre alla consumazione dei pasti è possibile “ammazzare” l’attesa su un comodo sofà a guardare la tivù), vuoi dal profumo invitante che arriva dalla cucina.
Cucina realizzata a mo’ di box, quasi nel mezzo della stanza, con strutture leggere che paiono voler fare da separé tra l’area fornelli e quella della distribuzione della cena, in modo da lasciare a ogni postazione la sua propria funzione, ma al contempo dare a tutti la sensazione di stare in una vera casa. Di turno troviamo Maria Teresa, Luigina, Rosa, tre amabili volontarie accomunate dalla malinconica sorte della vedovanza, ma anche dall’esperienza gioiosa del servizio. L’aroma dello sformato di zucchine appena preparato dalla ribattezzata “chef” del trio, abbatte anche le barriere della mascherina. «Qui non si butta via niente, cuciniamo con quel che offre la giornata – dice Maria Teresa, operatrice socio sanitaria in pensione –, ma vediamo che gli ospiti gradiscono tutto. E se proprio qualcosa non va loro, piuttosto che lasciarla nel piatto e farla perdere, non la prendono».
A disposizione nel piano rialzato, che conduce alle cinque stanze con quattro letti ciascuna, ci sono anche il guardaroba, la lavanderia e i servizi igienici con doccia appena rinnovati. Ma occhio a chiamarlo “dormitorio”, è l’invito di Graziano Brentaro, volontario di Casa Nostra – e oggi suo presidente – da quando l’associazione si trovava ancora in via Campofiore. Le parole hanno un peso. E ogni sinonimo sfumature diverse.
«Anche i poveri – spiega Graziano – hanno il diritto di trascorrere la notte in un luogo sicuro, caldo, con tutti i comfort di un ambiente domestico. E potersi coricare in un luogo decoroso. Motivo per cui abbiamo scelto di lasciare i posti letto “panoramici” (oltre la metà di quelli a disposizione) a loro, di modo che almeno alla mattina, quando si alzano, siano non dico felici, ma almeno siano più motivati a vivere e a sperare in qualcosa di meglio anche per la propria vita». Al riguardo, la struttura offre anche un servizio di supporto psicologico e orientamento ai servizi del territorio. Adiacenti alle stanze, dei grandi armadi conservano calze, biancheria, e tutto l’occorrente per la pulizia della persona. E quando terminerà il periodo di ospitalità? «Questo è sempre il nodo critico. La scadenza dell’emergenza freddo è alle porte. Si concluderà con il 31 marzo e dovremo mandare via gran parte degli ospiti. Ma non è che là fuori, di sera, faccia ancora caldo. In questo caso cerchiamo di ottenere una proroga dal Comune di Verona nei casi di maggior fragilità, e nei rimanenti casi, di indirizzare ad altri alloggi solidali come Il Samaritano».
Storie da inumidire gli occhi. Specie se a raccontarle sono persone dal cuore visibilmente grande – proprio come a sua statura – come Graziano, che per svolgere questo servizio si mette in auto più volte al mese da Bovolone. Perché a “dare”, lui, ex lavoratore del settore ristorazione, è abituato fin da quando prestava servizio, sempre a titolo volontario, nelle cucine del carcere. Un punto di riferimento, ormai, per gli ospiti di Casa Nostra, ma anche un attento “vigile”. Convivere sotto lo stesso significa infatti rispettare anche delle regole comuni. Come da regolamento, dunque, ciascuno è tenuto a tenere in ordine il proprio posto letto, farlo trovare così come consegnato, e al mattino, a turni di due per volta, fare le pulizie. Stessa cosa per il servizio mensa. «Che è anche un’occasione per tenerli impegnati ed educarli all’integrazione (i più sono immigrati) e alla convivenza civile».
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