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Conosciamo i sei nuovi pastori della Chiesa veronese: don Federico-Elia Scappini

PARROCCHIA SANTA MARIA AUSILIATRICE

Conosciamo i sei nuovi pastori della Chiesa veronese: don Federico-Elia Scappini

In questo ultimo periodo che precede l’ordinazione presbiterale, in tanti mi hanno posto la stessa domanda: “Sei pronto?”. Simpaticamente, con l’esperienza derivatami dalla scuola alberghiera e dal mondo ristorativo, mi veniva da pensare: “Può un piatto dire di essere pronto? Sentirsi pronto? Non sarà invece che attende la chiamata di chi l’ha preparato? Aspetta tranquillo o sfrigolante quell’istante in cui viene portato fuori dalla pentola e servito con cura su un piatto?”.

Interrompendo riflessioni semi-comiche culinarie, sorge un’altra domanda: ma come si fa ad attendere una chiamata che nemmeno ti aspetti o a cui magari non hai mai pensato? Non ho una risposta bell’e pronta. Posso solo dire che, nel mio caso, il tempo e le domande di senso mi hanno lavorato per bene, favorendo l’accoglienza di quel lievito che ha trasformato la mia vita.

Pur frequentando fin da piccolo la Messa – che bei ricordi gli anni da chierichetto – a posteriori posso dire che conoscevo poco cosa fosse la vita di fede, ma proprio col passare del tempo, qualcosa ha iniziato a ribollire dentro di me, una sorta di inquietudine, una domanda persistente: “Ma di questo Signore che sento parlare ogni domenica, quanto conosco? Chi è per me?”.

Mi sono reso conto che cercavo un incontro più profondo. Questa consapevolezza è maturata lentamente – come un ragù che sobbolle piano piano, ore e ore, come insegnano le brave cuoche – finché un giorno trovai forse la ricetta giusta per me: la lettura appassionata della Parola di Dio, una ricetta anche molto difficile che aggiungeva molte domande, ma l’incontro con La Parola mi ha portato a scoprire che quel Signore di cui sentivo parlare, parlava anche a me, alla mia vita.

Quella luce, quella fiammella accesa, a poco a poco ha dilatato il mio cuore, fino a darmi la forza di accogliere quella chiamata inaspettata ma bellissima, la chiamata che mi invitava a stare col Signore Gesù nel servizio alla sua mensa, per i suoi commensali e a camminare dietro i suoi passi.

A 37 anni, scrutandomi indietro con la coda dell’occhio, ricordo che la passione per il mondo della cucina e della ristorazione derivò soprattutto dal vedere come la cura e la dedizione nel preparare il cibo possa portare gioia sulla tavola e sui volti delle persone. Oggi oserei dire che quel significato non è mutato, ma si è trasformato il tipo di servizio: servire alla mensa di quel Pane che continua a spezzarsi per tutti.

Il famoso cuoco Auguste Escoffier – uno dei padri della cucina moderna – ha detto: “Il buon cibo è il fondamento della vera felicità”. Quale gioia allora potersi ritrovare insieme alla stessa mensa, per nutrirsi di quel Cibo che dona la gioia piena, la Vita.

LA TESTIMONIANZA

Un tipo simpatico con l’aria da rockettaro

Federico (“il Fede” per me, o “Scap”, detto anche “roccia”, capirete perché) lo conosco dalla scuola ed è sempre stato una presenza particolare. Ricordo la prima volta che lo vidi, pensai subito: “Questo è uno che vorrei avere in classe, sembra simpatico”. Fortunatamente le cose sono andate così, e da allora, anche se la distanza tra noi è aumentata nel tempo, siamo rimasti amici.
Quel “tipo simpatico” che all’inizio poteva sembrare un muro – tanto che gli allegri pugni sulle spalle durante le ricreazioni non lo scalfivano minimamente – si è rivelato una persona con cui potevi parlare di tutto, senza problemi. Sotto il suo giaccone di pelle nera e quell’aria da rockettaro (spero di aver detto giusto, perché era puntiglioso quando spiegava le differenze tra metal, rock e tutto ciò che ascoltava solo lui...) c’era un attore comico, sempre pronto a strappare una risata (annotava perfino le battute riuscitegli meglio… ovviamente per lui lo erano tutte). Meglio che non continui perché conoscendolo sto già rischiando grosso. Posso dire che siamo sempre stati due mattacchioni, ma lui un po’ di più (anche se probabilmente direbbe lo stesso di me).
Federico sapeva farsi rispettare, ma era anche uno veramente premuroso, su cui potevi sempre fare affidamento. Oltre a tutto questo, era anche molto professionale nel suo lavoro e la sua passione per il cibo emergeva ogni volta che lo vedevi all’opera, senza dimenticare di condire il tutto con un sorriso.
La vita ci ha portato su strade diverse, allontanandoci, ma siamo rimasti in contatto. Le nostre chiacchierate non sono più frequenti come una volta, ma ogni volta che ci sentiamo, è come se il tempo non fosse mai passato. Certo, quando mi ha parlato della sua scelta di vita, mi ha un po’ spiazzato e sorpreso, ma ripensandoci, quel suo lato religioso e la sua “vita di fede” (si dice così?) c’erano sempre stati.
Sono felice di vedere che la sua scelta non lo ha cambiato: è rimasto lo stesso “tipo simpatico” di quando l’ho conosciuto, uno con cui puoi parlare di tutto, fino a condividere momenti seri (anche se le battute continuano). Spero che sia felice della sua scelta e della sua vita, e che la nostra amicizia, anche se molto più digitale, sia comunque destinata a durare.

Francesco Bona

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