Tante incognite sulla ripresa della scuola
Il 14 settembre si riaprirà così. Covid permettendo... suonerà la campanella d’inizio in una situazione mai così confusa
La campanella d’inizio anno scolastico suonerà nel Veneto il 14 settembre, salvo stravolgimenti dell’ultima ora. Gli istituti stanno affannosamente adeguandosi alla necessità di distanziamento fisico tra studenti, e tra questi e gli insegnanti: modificando spazi fisici, ingressi e uscite, classi, orari, ricreazioni, mense, doposcuola. Alla fine ognuno sta cercando le soluzioni più adatte a strutture e a un’organizzazione che già prima del Covid lasciavano a desiderare. Ci vorrà personale aggiuntivo, ci sarebbe voluta un’integrazione intelligente con il trasporto pubblico che però è stata ignorata, ci vorrebbero protocolli sanitari per la misurazione della temperatura degli studenti, un’efficace estensione della didattica a distanza con gli strumenti adatti per tutti... Ma l’incognita principale esula da quanto si sta facendo in queste ore: e se si riscontrano casi di contagio da Coronavirus? L’effetto pratico sarebbe devastante, con quarantene che paralizzerebbero rapidamente il normale funzionamento scolastico. Il rischio vero, insomma, è che le scuole riaprano il 14, ma richiudano a breve termine. Sicuramente la settimana successiva, con una tornata elettorale che chiuderà molti istituti per trasformarli in seggi.
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La ripartenza della scuola ha il fiato corto
Il 14 settembre (forse) suona la campanella d’inizio in una situazione mai così confusa
Imputato sistema scolastico, si alzi in piedi. Si leggano anzitutto le attenuanti.
Il Covid è una pandemia che ha colpito il mondo intero, mai nella sua storia così globalizzato nella disgrazia. È un virus che non conosce confini e, finora, ostacoli. Fossimo tutti isolati dentro una caverna, dalle sue caverne il Coronavirus non sarebbe mai uscito. In un’umanità sempre più addossata, dilaga a velocità impressionante. Figuriamoci a scuola, dove il cosiddetto e salutare distanziamento fisico è l’esatto contrario di quanto normalmente accade dentro e fuori le classi.
Nessun Paese è riuscito a trovare validi sistemi per tornare a una scuola funzionante e allo stesso tempo sicura. Gli studenti possono facilmente contagiarsi tra loro e contagiare sia insegnanti che familiari e amici. Da fine febbraio infatti le scuole italiane sono chiuse proprio per evitare il patatrac che si è sfiorato tra marzo e tutto aprile.
Ma anche ciò che gravita attorno alle scuole è in enorme crisi: a cominciare dai trasporti pubblici, che sono il mezzo più utilizzato dagli studenti per andare e tornare da elementari e licei. Un bus evita tra l’altro una cinquantina di auto private in strada per trasportare i figli; mancasse il bus, il traffico cittadino andrebbe in tilt ogni giorno feriale.
Quindi i problemi sono estremamente complessi: le soluzioni facili non esistono. Si aggiunga che la scuola italiana era tenuta su con gli elastici: edifici spesso inadeguati, personale docente anziano e poco rinnovato, un eterno pasticcio tra concorsi, precariato, posti vacanti, disparità territoriali, autonomia scolastica prima data e poi sostanzialmente tolta. E altro ancora.
Ora, le aggravanti.
Appunto, è da febbraio che le scuole italiane sono chiuse. Già a marzo ci si è resi conto di cosa sia questa pandemia, non un’influenzina qualsiasi ma un virus che cambierà molto delle nostre vite e del nostro modo di viverle. Un vaccino non sarebbe arrivato a giorni, né a tutt’oggi si sa se sarà efficace e permanente.
La scuola è la fetta d’Italia che ha reagito peggio al Covid. Mancava la carta igienica nei bagni, figurarsi gli strumenti per la didattica a distanza. Si è chiuso l’anno scolastico 2019-2020 in qualche modo, esami di maturità compresi. Si sono interpellati decine di esperti che hanno pure dato i loro responsi ai politici. Si sono immaginate varie soluzioni pratiche per mettere assieme la capra della presenza fisica in classe con i cavoli del distanziamento sociale, spesso però deragliando in progetti e fatti ridicoli: dal plexiglas tra gli studenti ai mitici banchi singoli con le rotelle; dallo sdoppiamento degli orari (e raddoppiamo il corpo insegnanti e il personale scolastico?) agli ingressi differenziati; dalle ore corte all’addio alla ricreazione fino alla ricerca di spazi esterni in cinema, auditorium, teatri, oratori e centri parrocchiali. Scartati i bar con biliardo, la soluzione preferita dagli studenti…
La ministra Lucia Azzolina si è rivelata non all’altezza di un compito che avrebbe fatto tremare i polsi a Winston Churchill, figuriamoci alla banda di incompetenti e incapaci che da qualche anno si ritrova nei gangli più delicati dello Stato italiano. Azzolina inadeguata, ma non è che abbia ricevuto chissà quali aiuti dal resto della classe politica: la sua maggioranza a “spronarla” ben distanziata, l’opposizione a crocifiggerla. Fino allo scontro con sindacati che – onestamente – non hanno brillato né di spirito propositivo né di visione ispirata al bene comune piuttosto che a quello dei propri tesserati. Non pochi dei quali si sono imboscati, facendo nulla in cambio di uno stipendio pieno e sicuro.
In questo marasma inizia l’anno scolastico, e sempre dentro lo show “Qui le comiche”. Perché in molte Regioni (Veneto compreso) la partenza è stata fissata lunedì 14 settembre. Ma già il fine settimana successivo molte scuole chiuderanno a causa del voto al referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari e per il rinnovo di alcuni Consigli regionali e comunali. Si parte, subito a casa e rinnovo di sanificazioni e di spese. Boh.
Ma: si parte? Ad oggi, quasi sicuramente sì. Come? Questo è il mistero. Ci sono istituti che avevano già i metri quadrati contati, con classi da 30 alunni; altri alle prese con lavori strutturali in realtà appena iniziati perché le scuole sono proprietà di enti pubblici che non hanno un euro e il personale a casa in smart working. Insomma tutto fermo fino a ieri. I presidi vagano per le classi col metro che calcola i distanziamenti; col cronografo per valutare quanto tempo ci vuole per far entrare in sicurezza un migliaio di studenti (mezza mattinata); con lo sfigmomanometro per misurarsi la pressione arteriosa.
Si sogna un medico per ogni plesso scolastico; si parla di misurazioni della temperatura fatte a scuola; no, a casa dai genitori. Ignorando che la stragrande parte dei genitori manda a scuola i figli (soprattutto alle elementari) anche se presentano conclamati sintomi di peste nera. E se c’è un positivo? Tutti a casa. E se torna la pandemia da lockdown? Tutto chiuso. Risolverebbe ogni problema, salvo quello di dare un’istruzione ai nostri figli.
Nicola Salvagnin
Qui Maffei, tra difficoltà e voglia di un nuovo futuro
Il preside: così ci siamo organizzati, è una svolta epocale
«Le difficoltà in questo momento sono di diversa natura – spiega il preside del glorioso Maffei, Roberto Fattore –: ci sono difficoltà di sistema che la scuola si trova a condividere con tutti gli altri enti che governano il territorio e la vita della persone e che non hanno ancora trovato piena soluzione e certezza di soluzione (ad esempio il problema dei trasporti, di controllo sulle zone limitrofe alle scuole); difficoltà di tipo gestionale, ad esempio le difficoltà per quanto riguarda la gestione degli spazi delle aule scolastiche nelle quali collocare le classi, anche numerose, nel rispetto dei parametri di sicurezza e distanziamento oppure le difficoltà nel reperire arredi adatti (banchi di misure adeguate); difficoltà di tipo organizzativo e didattico, dovendo prevedere l’evenienza che possa ripetersi la sospensione delle lezioni con l’attivazione quindi della didattica digitale integrata a distanza. Chiaro che tutte queste difficoltà costituiscono un insieme di elementi che si condizionano a vicenda ed è difficile in questo momento avere un punto fermo intorno al quale definire con sicurezza soluzioni e prospettive certe. Quindi è soprattutto il senso di incertezza a costituire in questo momento la difficoltà più grande da gestire, cui si aggiunge ovviamente la preoccupazione per l’andamento generale del virus».
– Quali sono le novità dal punto di vista organizzativo per il nuovo anno scolastico (tempistiche, spazi, orari)?
«Per evitare assembramenti in entrata abbiamo previsto accessi alla scuola da diversi punti, definendo percorsi distinti; alcune classi entreranno e termineranno un’ora dopo le altre sempre per scaglionare i movimenti dei ragazzi. Gli spazi della scuola devono essere gestiti secondo regole precise, limitando certo i liberi movimenti negli edifici. Prevale su tutto la necessità di evitare assembramenti e di mantenere il distanziamento e su queste regole tutto lo spazio/tempo della scuola deve essere ripensato e ristrutturato. Abbiamo previsto ad esempio due ricreazioni per poter arieggiare le aule e alternare l’uscita nei cortili tra gruppi di classi. Ovviamente, purtroppo, questo limiterà per i ragazzi la possibilità di usufruire della scuola come finora era accaduto e che spesso rendeva la scuola un po’ la loro “seconda casa”; molti ragazzi ad esempio alla fine delle lezioni si fermavano nei saloni della scuola per mangiare assieme, studiare, programmare iniziative e attività, per tornei sportivi: tutto questo dovrà essere sospeso o fortemente limitato».
– Quali nuove mansioni dovrà svolgere il personale Ata e con quali dispositivi (igienizzazione, controllo, mascherine)? Ci sarà personale medico o paramedico?
«Il personale collaboratore scolastico avrà un compito importantissimo, cioè quello di garantire e presidiare la pulizia e l’igienizzazione dei locali, punto questo ritenuto cruciale nella prevenzione del virus: saranno utilizzati i normali detergenti integrati però con l’utilizzo di igienizzanti a base di alcol. Saranno accentuate o intensificate le pulizie delle aule e degli spazi comuni. L’uso delle mascherine chirurgiche o di tipo maggiormente filtrante è sempre previsto. Non ci sarà a scuola personale medico o paramedico, ma sarà necessario individuare a scuola un referente in contatto con il servizio di prevenzione dell’azienda sanitaria. La scuola inoltre si avvale del proprio medico competente per la sorveglianza sanitaria, soprattutto per i lavoratori “fragili” per i quali sono previste particolari forme di protezione e tutela (percorsi di accesso tutelati, uso di protezioni ulteriori). A tal proposito sono usciti specifici documenti dell’Inail e dell’Istituto superiore di sanità».
– Il personale attualmente a disposizione è in grado di provvedere a tutto o serviranno nuove presenze?
«Il Ministero ha garantito la possibilità di fare ricorso a personale docente aggiuntivo per supportare le attività didattiche e ad ulteriore personale collaboratore per la gestione dei diversi momenti della vita scolastica. Siamo in attesa di capire concretamente di quante forze aggiuntive e assolutamente necessarie potremo godere».
– Se dovesse verificarsi un caso di contagio (sia a livello di studenti che di insegnanti) durante la scuola, cosa succede?
«Lo studente verrebbe subito accolto in un’aula dedicata, fornito di mascherina chirurgica e riaccompagnato a casa dai propri genitori, dopodiché dovrà recarsi dal proprio medico che ne risconterà l’effettivo contagio e la necessità di isolamento. Similmente il personale dovrà rientrare a casa e rivolgersi al medico. In caso di contagio, siamo in attesa di avere precise indicazioni su cosa dovrà essere fatto (quarantena solo per una classe, per tutti, solo per coloro che sono entrati in contatto con il contagiato?); l’ultimo documento dell’Istituto superiore di sanità prospetta una serie di procedure che, di volta in volta e caso per caso, in accordo tra dirigente scolastico e il servizio di prevenzione e protezione dell’azienda sanitaria, dovrà essere predisposto. In qualche modo, dovranno essere tracciabili tutti i movimenti delle persone all’interno della scuola, in modo da poter ricostruire in caso di contagio tutti i contatti avvenuti».
– Qualche insegnante ha rinunciato perché ha paura e non se la sente di svolgere in sicurezza il proprio lavoro?
«Un insegnante non può “rinunciare” a prendere servizio, ovviamente; finora stiamo ancora lavorando a distanza e, ad esempio, il prossimo collegio dei docenti sarà svolto on line. I corsi di recupero invece li faremo in presenza, in adozione e delle misure di prevenzione e distanziamento. Alcuni insegnanti non prenderanno servizio in ragione di quello che la normativa e gli istituti contrattuali prevedono per consentire di avere periodi di congedo o di aspettativa (legge 104, aspettativa non retribuita); le richieste di congedo e aspettativa che finora ho ricevuto non sono però motivate da paure personali, ma dal desiderio di dare tutela a genitori anziani o ammalati conviventi».
– Quanto pesano la responsabilità e le incertezze sulle spalle di un dirigente in questo momento e con chi condivide tutto ciò?
«Con tutta sincerità, i dirigenti scolastici, su cui già normalmente grava un carico di responsabilità rilevante, sono in questo momento al centro di una serie di adempimenti, obblighi e responsabilità da togliere il sonno… Se le responsabilità non possono essere delegate ad altri, aiuta molto in questo periodo poter contare sullo staff che ogni dirigente ha costituito dentro la scuola con il quale condividere la fatica organizzativa e anche quella emotiva. Su questo, ho davvero il privilegio di poter lavorare con docenti, personale Ata e collaboratori di grande disponibilità e umanità. A volte penso che la nostra generazione di adulti, che ha vissuto tanti decenni di pace e di benessere sentendosi quasi immune o preservata dalle fatiche della Storia, ora si ritrovi, come hanno dovuto fare i nostri genitori nel periodo successivo alla guerra, a dover “ricostruire” un sistema socio-economico e culturale in convivenza con il virus. In questo senso, abbiamo l’obbligo di dare testimonianza alle nuove generazioni di capacità di far fronte alle difficoltà, di resilienza davanti ai problemi, di fiducia e di speranza nel futuro. La “storia” ci giudicherà su questo».
Stefano Origano