L'industria del volontariato che cresce ogni anno di più
«Un volontariato più moderno dentro un Codice da completare»: parla la presidente del Csv scaligero, Chiara Tommasini
Verona ingegnosa, Verona intraprendente, Verona prospera, ma possiamo dire anche Verona generosa? Come si coniuga l’alto livello di ricchezza dei veronesi con la solidarietà?
Basta una nobile storia iniziata nell’Ottocento, costellata di straordinari personaggi – si pensi al solo san Giovanni Calabria ma l’elenco potrebbe essere lungo – che della carità e dell’aiuto ai poveri e agli emarginati hanno fatto il loro credo di vita, per affermare che Verona ha mantenuto questa lodevole tradizione filantropica e anzi l’ha rafforzata secondo nuovi modelli di presenza sul territorio?
Per capire come stanno le cose, abbiamo incontrato Chiara Tommasini, presidente da sei anni del Centro di Servizio per il Volontariato (Csv) di Verona, organismo nato nel 1997 con il compito (recita la legge) di “organizzare, gestire ed erogare servizi di supporto tecnico, formativo ed informativo, di promuovere e rafforzare la presenza ed il ruolo dei volontari negli enti del terzo settore”.
– Presidente, qual è oggi la situazione a Verona anche in rapporto ad altre realtà venete?
«La nostra è una provincia vivace e solidale anche sul piano del volontariato, tra le prime in Veneto. Si contano oltre mille istituzioni (445 associazioni di volontariato; 187 associazioni di promozione sociale, 450 ex onlus, e altri soggetti non iscritti ad alcun registro) e circa 100mila volontari impegnati a vario titolo. In questi mesi stiamo comunque realizzando una “mappatura” degli enti del terzo settore in modo da avere un quadro puntuale e complessivo della situazione».
– Si può dunque dire che i veronesi hanno un cuore generoso…
«Dal nostro osservatorio possiamo sicuramente testimoniare la generosità di tanta parte dei cittadini veronesi, anche se il prezioso lavoro dei volontari purtroppo non fa notizia. Siamo perciò impegnati anche nel dare visibilità al bene, nell’accompagnare le organizzazioni nella pubblicizzazione delle loro attività e nel creare reti virtuose di sostegno. Ci sono diverse iniziative in programma: nel campo dello sport, la partita programmata per il prossimo 31 marzo con la squadra di basket Tezenis Verona e il programma di solidarietà della Straverona, che da anni contribuisce attraverso le manifestazioni podistiche di maggio e dicembre a sostenere il mondo del volontariato veronese. A fine anno, daremo poi vita a una campagna promozionale sul volontariato rivolta in particolare ai giovani per far conoscere meglio quante possibilità di essere utili agli altri vi siano magari anche a due passi da casa».
– Come sono cambiati nel tempo i bisogni e dunque immagino le modalità organizzative di risposta agli stessi?
«A seguito dell’invecchiamento della popolazione, i bisogni sociali e sanitari delle nostre comunità sono in continuo aumento. Dunque il settore socio-sanitario è probabilmente destinato a rimanere quello numericamente più importante per l’impegno delle organizzazioni di volontariato. Ma esistono tanti temi di attualità in cui il volontariato gioca un ruolo primario: si pensi agli interventi in favore dei meno fortunati o nei campi dei diritti, dell’ambiente, della solidarietà internazionale, nel primo soccorso e nelle emergenze, che contribuiscono a costruire una più inclusiva e partecipata società solidale».
– Sempre più si sta evidenziando la necessità che anche il mondo del volontariato si doti di modelli che puntino sull’efficienza, l’efficacia e la trasparenza in modo da utilizzare al meglio le risorse da destinare al terzo settore. Come si colloca in questo quadro la realtà veronese?
«Su questi temi il Csv ha investito molto, ben prima dell’entrata in vigore della riforma del terzo settore, che fa dell’efficienza e della trasparenza dell’operare uno dei suoi cardini. La nostra certificazione etica “Merita Fiducia” (www.meritafiducia.it), che quest’anno festeggia i dieci anni di vita, premia una trentina di associazioni che nel Veronese si sono distinte per la capacità di rappresentare in modo efficace la loro buona causa e di rendicontare con trasparenza il loro operare e la gestione economica dei fondi raccolti. Pensiamo che questa resti la strada da perseguire per tenere il passo con i tempi».
– Non pochi osservatori sottolineano che un altro limite si ritrova nella frammentazione dei soggetti che operano, nella mancanza di coordinamento: insomma nell’assenza di una programmazione di sistema.
«Costruire e coordinare reti di intervento non è semplice; ma siamo convinti che non se ne possa più fare a meno anche nel mondo del volontariato. Le risorse in calo, l’invecchiamento dei volontari storici, i giovani che cercano nuovi spazi e l’utilità di avere una voce unica spingono verso questa direzione che richiede una regia forte ed unitaria. Un altro capitolo fondamentale riguarda il rapporto tra volontariato ed enti pubblici, in particolare quelli locali. A questo proposito da tempo stiamo lavorando con l’Anci veneta (i Comuni, ndr) per formalizzare con specifiche convenzioni i reciproci rapporti in modo da coordinare e ampliare l’offerta di servizi alle categorie deboli».
– L’entrata in vigore nel 2017 del nuovo Codice del terzo settore (anche se mancano ancora diversi decreti attuativi che ne consentano l’attuazione) che cosa ha cambiato nel mondo del volontariato? È davvero un passo in avanti decisivo?
«Lo sarà se si riuscirà a dare piena attuazione alla riforma, cosa che auspichiamo possa avvenire in tempi brevi. Questo è un anno decisivo. Nel dettato del Codice, il volontariato e i volontari assumono potenzialmente un ruolo e un protagonismo ancora più importanti che in passato. Al momento, però, su tanti temi siamo in attesa di quegli adempimenti normativi secondari – pensiamo, tra gli altri, all’istituzione del Registro unico nazionale degli enti del terzo settore – che ci permetteranno di operare efficacemente sul campo secondo le nuove regole».
– Quale impatto avrà la nuova normativa sul ruolo dei Csv, sulle loro funzioni e obiettivi? Vi sono anche dei limiti?
«Il Codice si occupa molto dei Csv. Il sistema dei nostri Centri viene riconosciuto per il suo valore sui territori e assume maggiore importanza anche il coordinamento a livello nazionale svolto dall’associazione che li riunisce. Le funzioni svolte vengono inoltre tutte riconfermate e la platea degli interlocutori allargata, sia nella rappresentanza della governance che nell’erogazione dei servizi. A Verona passiamo dalle circa 400 organizzazioni di volontariato con cui siamo storicamente interfacciati, a più di mille enti di natura diversa, che operano attraverso i volontari. La riflessione sul come rispondere alle loro molteplici esigenze, seppur con risorse economiche e umane invariate, sarà per noi una delle questioni prioritarie e decisive di questi anni».
– Il dovere della solidarietà si scontra sempre con la limitatezza delle risorse e qualche volta con i costi eccessivi delle strutture deputate a tale scopo. Guardando al futuro, quali strade si possono percorrere da un lato per sensibilizzare i potenziali donatori, e dall’altro per migliorare quantitativamente e qualitativamente l’offerta di servizi alle fasce deboli della nostra comunità?
«Torniamo al tema difficile della costruzione delle reti, delle nuove forme di finanziamento e in questo senso nel nuovo Codice ci sono interessanti sviluppi. Credo intanto che occorra non dare mai per scontato il valore del volontariato. Abbiamo di recente commissionato al Dipartimento di scienze economiche dell’Università di Verona un’indagine sull’impatto socio-economico del servizio volontario di trasporto e accompagnamento di persone anziane e ammalate, denominato “Stacco”. Nella sola provincia di Verona sono coinvolti più di 320 volontari, di cui due terzi autisti, che attraverso 45mila ore di volontariato realizzate nel 2018 hanno accompagnato più di 7.200 persone, percorrendo oltre 600mila km. Il progetto, che si estende anche alle province di Belluno, Treviso e Venezia, è stato sostenuto dalla Regione con un milione di euro e, tramite l’attività dei volontari, ha generato un investimento sociale complessivo di 5,5 milioni».
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