L’avventura africana di Maria e Alice, ventenni dal cuore grande
Sono state tre mesi in Guinea Bissau, nella parrocchia di Bafatà. Poi il Covid-19 le ha costrette a rientrare...
Avere vent'anni e mettersi in gioco, uscendo dai propri confini e dalle comodità per provare nuove esperienze. Di quelle che lasciano il segno, in positivo. È ciò che hanno sperimentato due amiche ventitreenni di Bussolengo, Maria Leoni e Alice Pavan, che di certo potranno ricordare questo 2020 per qualcosa di bello.
A inizio anno, infatti, in accordo col Centro missionario diocesano sono partite alla volta della poverissima Guinea Bissau, in Africa occidentale, per raggiungere la diocesi veronese di Bafatà. Il “gancio”, per entrambe, è stata l’amicizia con don Lucio Brentegani, sacerdote che era stato curato a Bussolengo e che dal 2006 è missionario fidei donum nella parrocchia di San Daniele Comboni; qui, due anni fa, l’ha raggiunto anche il veronese don Andrea Mattuzzi.
«Avevamo conosciuto Bafatà durante un viaggio organizzato dal gruppo giovani della parrocchia di Bussolengo, nel 2018: eravamo state là dieci giorni, d’estate», spiega Maria, laureata in Servizio sociale all’Università di Trento e con una passione per il volontariato maturata nei gruppi scout. «Dopo la triennale e prima di proseguire con la magistrale e il lavoro, Alice e io abbiamo deciso di fare sei mesi di volontariato all’estero: la scelta è ricaduta sulla Guinea Bissau, perché ci era piaciuta molto», chiarisce.
Le due ragazze sono partite dall’Italia il 9 gennaio. «Il progetto era di rientrare a giugno, ma a causa del Covid-19 siamo ripartite a fine marzo e il 1° di aprile eravamo di nuovo a casa, dopo non poche peripezie», dicono. «Ci abbiamo impiegato quattro giorni: da Bissau siamo arrivate a Lisbona, dove abbiamo trascorso due giorni in aeroporto; dopo uno scalo a Parigi siamo riuscite ad atterrare finalmente in Italia», ricostruisce Alice. Giusto in tempo per non rimanere bloccate in Africa.
Anche se il viaggio si è interrotto a metà, è rimasto comunque memorabile, assicurano le due giovani. «Il primo mese ci è servito per inserirci nella nuova realtà e per imparare la lingua locale, il creolo, molto più usato del portoghese, che è invece la lingua ufficiale», dicono. Hanno sperimentato la vita della parrocchia, intessuto relazioni con l’équipe che si occupa di vari progetti caritatevoli, collaborando in particolare con il Centro di recupero nutrizionale. «Essendo don Lucio responsabile della Caritas locale, siamo state coinvolte in quest’ambito che ci è piaciuto molto – raccontano –. Eravamo a supporto dell’attività del centro, specializzato nella prevenzione e nella cura della denutrizione: là è una vera piaga».
Tutti i giorni venivano organizzati dei viaggi nei villaggi vicini per pesare i bambini; quelli bisognosi di aiuto erano invitati al centro, insieme alle loro mamme, che venivano istruite sulle basi di una sana nutrizione, purtroppo non sempre facile da raggiungere a causa della povertà. «Se ora chiudo gli occhi, vedo il primo sorriso che ci ha rivolto una bambina di due anni, arrivata al centro molto debilitata e con la febbre, dopo essere stata ricoverata in ospedale: sembrava che per lei non ci fossero più speranze, invece con calma si è ripresa ed è stata una gioia immensa per tutti», sottolinea Alice, che un anno fa si è laureata in Educazione professionale all’Università di Bologna.
Pure Maria conserva il ricordo dei tanti bimbi incontrati: «Dopo averci viste nel cortile della parrocchia, le bambine che venivano a rifornirsi d’acqua ci salutavano per nome, come se ci conoscessero da sempre».
E adesso? Tutte e due sono tornate alla quotidianità. Si sono rimesse sui libri, per conseguire la laurea magistrale, e pure a lavorare nel loro ambito: Maria come assistente sociale, Alice in un servizio dipendenze, senza precludersi un’apertura all’interculturalità. «Pur breve, è stata un’esperienza positiva, che ci lascia aperte tante possibilità – concludono –. Intanto proseguiamo i nostri impegni qui in Italia, ma il desiderio di tornare, prima o poi, c’è; magari con un progetto più strutturato».
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