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Game over sclerosi multipla

di MARTA BICEGO

Un videogioco ideato dall’ateneo scaligero individua i segni di una disfunzione cognitiva pure nei pazienti più giovani. Funziona su tablet e in futuro potrebbe monitorare l’esordio precoce di problematiche correlate all’Alzheimer

Parole chiave: Videogioco (1), Alzheimer (8), Massimiliano Calabrese (1)
Game over sclerosi multipla

di MARTA BICEGO

Un videogioco che è utile alla scienza. È efficace, in particolare, nell’individuare precocemente (e prima dei classici test) i segni di una disfunzione cognitiva nella sclerosi multipla. A mettere a punto il progetto, pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Brain Sciences, è stato il gruppo di ricerca guidato da Massimiliano Calabrese, docente di Neurologia nel dipartimento di Neuroscienze, biomedicina e movimento dell’ateneo scaligero. Primo autore dello studio è Marco Pitteri; coautori sono Caterina Dapor, Stefano Ziccardi, Maddalena Guandalini e Riccardo Meggiato, tutti afferenti alla Neurologia B diretta da Salvatore Monaco. Lo studio è stato finanziato dall’Università di Verona, con un sostegno da parte di Biogen Idec.
«Il videogame è stato testato in 51 pazienti che risultavano, fino a quel momento, come privi di deterioramento cognitivo nei classici test carta-matita, e in 20 soggetti neurologicamente sani», scende nel dettaglio Calabrese. I risultati? Sorprendenti. Questa modalità, semplice e divertente, ha permesso di evidenziare i precocissimi segnali di disfunzioni laddove le prove cognitive finora in uso non erano riuscite ad arrivare: ha reso disponibili informazioni che, in futuro, potranno servire per modulare cure specifiche e una riabilitazione personalizzata in una fase molto precoce della malattia.
Il gioco consiste, ad esempio, nel distinguere il poliziotto dal malfattore: la persona deve insomma individuare rapidamente le figure indicate. Velocità di elaborazione e quindi di risposta, attenzione sostenuta, capacità di concentrazione e accuratezza: sono questi alcuni elementi che il videogioco riesce a soppesare. Inoltre, prosegue, «è in grado di monitorare le performance del paziente indicando eventuali segni di progressione della malattia e di individuare quali sono i “punti deboli”. Sarà possibile in futuro creare dei livelli di gioco “personalizzati” avviando così un percorso riabilitativo specifico».
Altro vantaggio è nella fruibilità di questa modalità di valutazione. A differenza dei noiosi test cognitivi elettronici, che necessitano tra l’altro della presenza di personale qualificato a fare da guida, questo è un vero e proprio videogame che il paziente può svolgere da solo e dove vuole. «Funziona infatti su tablet e in futuro sarà possibile giocarci su smartphone  – conclude Calabrese –. Potrebbe essere tarato per evidenziare e monitorare in modo molto precoce altri disturbi cognitivi, come ad esempio l’Alzheimer».

Nella foto: il team dell’Università di Verona che ha messo a punto il videogame utile alla scienza

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