Da Cattolica alle finanze del Papa. Francesco “arruola” Minali
Alberto Minali estromesso dalla società assicurativa, ora è consigliere economico della Santa Sede
La sapienza biblica muove dalla consapevolezza che non ci si deve misurare sui successi o gli insuccessi, ma sulla fedeltà a quella speranza che ha guidato e ancor guida il cammino. L’obbedienza creativa al Vangelo abilita il cristiano a immergersi nella storia, nella compagnia degli uomini, portando sempre un messaggio profetico, un messaggio per l’uomo.
Questo ciclo di interviste vuole dar voce alla differenza cristiana. Alla capacità di stare nel mondo, nel pieno degli impegni e delle problematiche, con umiltà e intelligenza, senza pregiudizi né atteggiamenti ideologici, ma con la consapevolezza che proprio qui si gioca la fedeltà al Vangelo.
– Chi è Alberto Minali?
«Sono veronese, padre di due figlie e marito di una donna meravigliosa. Mi sono laureato all’Università Bocconi di Milano nel lontano 1989, con una tesi su “Povertà e disuguaglianze nelle economie avanzate” con il prof. Stefano Zamagni. La tesi approfondiva il tema della misurazione della povertà, perché la modalità con cui si misura, determina poi il tipo di intervento sociale e politico. Subito dopo vado all’Università di Yale, negli Stati Uniti, come PhD student (dottorato universitario, ndr) in Economia; ma dopo sette mesi non sento più quella vocazione a “spostare la frontiere della conoscenza”. Lavoro nel settore assicurativo per nove anni nella direzione estero di Assicurazioni Generali soprattutto in Germania, Austria e Inghilterra. Dopo una brevissima parentesi in Cattolica, per un certo periodo vado in Allianz, gruppo assicurativo tedesco. Dopo una interessante esperienza come imprenditore, ritorno in Generali prima come direttore finanziario e poi come direttore generale. Alla fine approdo in Cattolica Assicurazioni il 1° giugno 2017, chiamato dal presidente Paolo Bedoni».
Rapporto bruscamente interrotto nell’ottobre 2019, non per volontà di Minali.
– Come si arriva a diventare consigliere economico della Santa Sede?
«Sono stato veramente sorpreso quando il 4 agosto scorso ho ricevuto la telefonata di mons. Brian Ferme, il segretario del Consiglio per l’economia di papa Francesco. All’inizio pensavo a uno scherzo. Invece mi ha anticipato questa nomina dicendo che sarei stato sorretto in questo compito dalla preghiera dei sette cardinali presenti e dal calore delle sei donne nominate insieme a me».
– In che consiste il vostro lavoro?
«Il Consiglio ha il compito di coadiuvare il cardinale coordinatore nelle funzioni di indirizzo e di vigilanza sulle attività finanziarie degli enti economici della Santa Sede: dall’Apsa (l’Amministrazione del patrimonio della Sede apostolica), alla Segreteria di Stato, allo Ior (l’Istituto per le opere di religione). È un’esperienza molto interessante. Già dalla prima riunione ho visto una grandissima volontà di collaborare per il bene della Chiesa. I componenti sono persone preparate. Tutti avevano letto e studiato i documenti, estremamente attenti in una riunione di quattro ore e mezza».
– Avete affrontato anche il tema dei recenti scandali finanziari?
«Al di là del rumore mediatico che ha avuto l’operazione del palazzo di Sloane Avenue a Londra, ci sono molte cose positive che sono state fatte. E sono sicuramente maggiori. In Vaticano c’è ovviamente una forte attenzione al tema della gestione degli asset finanziari. Ho visto un lavoro di adeguamento della normativa e delle strutture di alta qualità tecnica, positivo e sorprendente. La stessa decisione del Papa di passare i fondi della Segreteria di Stato sotto il controllo dell’Apsa è epocale».
– Papa Francesco sta facendo ordine nelle finanze vaticane?
«Con mia grande soddisfazione ho visto che, riguardo alla convenzione monetaria, il Vaticano è assolutamente in linea con tutti i regolamenti di attuazione della normativa. Non ci sono ritardi, anzi. La Banca Centrale e la Commissione Europea hanno fatto i complimenti per la quantità e qualità del lavoro svolto nel 2019-20 per adeguare la normativa dello Stato di Città del Vaticano a quella europea. Però tutto questo non viene mai detto. Questo pontificato sta andando verso la trasparenza».
– Il suo lavoro specifico?
«Ci sono sei o sette consigli previsti durante l’anno per i quali bisogna prepararsi bene. Mi hanno inoltre chiesto di far parte del gruppo misto della commissione Europa-Vaticano che riguarda i temi del riciclaggio e della contraffazione monetaria, per l’esecuzione dell’accordo Europa-Vaticano. Sono temi particolari, ma anche molto operativi».
– Il card. Parolin è presente ai vostri incontri?
«Il Segretario di Stato è una persona gentilissima. Alla pausa caffè voleva servirmelo lui. Io gli dissi: “Eminenza io ho fatto anche il cameriere da giovane, mi lasci fare il mio mestiere...”. Sono molto gentili nei miei confronti, ho la possibilità di vivere a Santa Marta. Non è un albergo a cinque stelle, funziona tutto e tutto quello che serve c’è. Cioè l’essenziale».
– Ma torniamo a Cattolica: qual è stato il motivo del suo allontanamento?
«Non l’ho ancora capito. Mi sto ancora domandando cosa sia successo; ma su questa vicenda c’è un giudizio aperto a Venezia e, per rispetto della magistratura, non voglio né posso commentare oltre. Nel frattempo Cattolica è cambiata molto: si è trasformata in spa con effetto dal prossimo aprile e ha Generali come azionista di riferimento».
– Molti soci veronesi dichiaratamente cattolici dell’Ucid, delle Acli, della Coldiretti, delle cooperative hanno votato per la trasformazione e la cancellazione di ogni riferimento alla Dottrina sociale della Chiesa.
«Mi ha sorpreso vedere che i soci di Cattolica abbiano deciso improvvisamente di cancellare 125 anni di storia rimuovendo, senza colpo ferire, l’art. 10 dello Statuto di Cattolica che fa esplicito riferimento alla Dottrina sociale della Chiesa. Che per noi cattolici è magistero. C’è stata una grande stagione del cattolicesimo finanziario rappresentata da personaggi importanti che hanno lavorato per il bene e costruito il meglio. Adesso abbiamo esponenti del mondo cattolico molto meno sensibili a questi temi: eppure la finanza e la Dottrina sociale della Chiesa vanno d’accordo nella misura in cui si esplicano nei comportamenti delle persone. Quindi è una questione di persone».
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