Una giornata particolare
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Se la vita è tutta un puzzle allora è meglio giocarci e divertirsi

Un gioco più da bambini o da adulti? Non lo si è mai capito bene, ma nel dubbio ci giocano persone di tutte le età. È la meraviglia del puzzle

Un gioco più da bambini o da adulti? Non lo si è mai capito bene, ma nel dubbio ci giocano persone di tutte le età. È la meraviglia del puzzle, che vive il 29 gennaio la sua giornata particolare. Il sito Wikipedia, che ha come logo proprio un puzzle tridimensionale sferico (che, con le lettere dei diversi alfabeti sui vari tasselli, ricorda il carattere universale del progetto) lo descrive come “un gioco da tavolo di tipo rompicapo in cui bisogna incastrare tra loro dei pezzi di cartone di piccole dimensioni fino a risalire all’immagine originale”. L’invenzione è accreditata a John Spilsbury (1739-1769), un cartografo londinese che si era formato come apprendista da Thomas Jefferys, il geografo reale del re Giorgio III (1738-1820). Proprio per diffondere e insegnare la geografia, attorno al 1760, ha creato questo gioco, appostando una mappa del mondo sul legno e scolpendo ogni Paese a sé stante. Vista l’accoglienza e il ritorno commerciale, creò nuovi temi geografici; la sua prematura morte non fermò la diffusione che fu portata avanti da Sara May (sposata nel 1761) e da Harry Ashby, prima suo apprendista e successivamente marito della vedova. Già nei primi decenni due importanti novità hanno contribuito al successo: da una parte l’allargamento dei soggetti (episodi storici o vita quotidiana, disegni di animali reali o di fantasia), e dall’altra il passaggio da legni pregiati (mogano e cedro) ad altri meno costosi, che rendevano il puzzle più economico e facile da distribuire. Poco dopo la metà del XX secolo si è passati dal legno al cartone per garantire una migliore qualità di stampa e più fedeltà soprattutto per foto e riproduzione di quadri su cui la tecnologia stessa avanzava. Il più diffuso processo odierno prevede la stampa dell’immagine su carta antiriflesso, incollatura su cartoncino (spesso riciclato), taglio su una pressa grazie ad apposite lame che producono i diversi pezzi in maniera sempre più differenziata. In commercio oggi se ne trovano versioni in numero quasi indefinito: si può scegliere il materiale ovvero il classico cartone, la plastica (immagine stampata su lastra e ritagliata con seghetto in pezzi mediamente più piccoli degli altri) o il polistirolo, che garantisce la leggerezza ideale sia per quelli tridimensionali che per quelli destinati all’infanzia. Si può variare il numero dei pezzi, dalle poche decine di quelli per bambini ai 18mila pezzi dei più grandi (o esagerare e andare sulle cifre da record che hanno visto scontrarsi negli ultimi 15 anni i principali produttori). Si possono sperimentare puzzle di forma tonda, ellittica o irregolare, quelli tridimensionali (pure a forma di palla) e quelli double face, magari con una realizzazione resa complicata dalla somiglianza dei due soggetti. Quello che rimane comune è la bellezza di buttarsi in una sfida all’insegna della complessità e dell’imprevisto che, come ricorda il romanzo La vita, istruzioni per l’uso (1978) di Georges Perec, ha molto in comune con la nostra stessa esistenza.

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