Una giornata particolare
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È sempre il momento giusto per dire grazie: tra l’altro fa anche bene

I primi anni del nuovo millennio per molti giovani era ritmato dal canticchiare in para-gregoriano le parole “Grazie Signore grazie”. Lo sconcerto degli adulti e la commozione dei nonni forse non teneva conto che all’origine non vi era una visione mistica...

È sempre il momento giusto per dire grazie: tra l’altro fa anche bene

I primi anni del nuovo millennio per molti giovani era ritmato dal canticchiare in para-gregoriano le parole “Grazie Signore grazie”. Lo sconcerto degli adulti e la commozione dei nonni forse non teneva conto che all’origine non vi era una visione mistica, ma la visione in Tv (a Zelig, Bulldozer e Quelli che il calcio) del gruppo comico “Quellilì”, resi famosi soprattutto dalla loro interpretazione di alcuni timidi ragazzi del fantomatico oratorio di Valle Luja (nome da leggere necessariamente tutto attaccato).
L’ironia scaturiva dal fatto che questi, accompagnati dalla chitarra e vestiti fuori moda, declamavano a turno le loro disavventure quotidiane, sfociando poi nel comune canto di ringraziamento. Uno dei componenti del gruppo, Alessandro Bergallo, in una intervista dell’epoca spiegava come questo sketch (provato la prima volta in un agriturismo di Alessandria nel 2001) avesse radici profonde: «In Italia esiste da sempre, come se fosse un intercalare, una bizzarra tendenza a ringraziare il Signore senza alcun motivo».
Ironia per ironia, da decenni gli esperti da una parte ci dicono che questa abitudine religiosa (o scaramantica) è in grande declino e dall’altra che è necessario tornare a vivere la gratitudine. D’altronde sembra essere un qualcosa di profondamente innato nelle persone, una sorta di istinto naturale, come evidenziato anche nel film La vita è bella dove il momento di maggior rischio nel campo di concentramento è quando il figlio di Guido/Benigni non riesce a trattenersi dal dire «grazie» ad alta voce in lingua madre.
Prove più scientifiche sono i grandi benefici: fisicamente abbassa di molto i livelli di cortisolo (l’ormone dello stress) e la pressione sanguigna, con notevole miglioramento nella qualità del sonno, rafforzamento del sistema immunitario e diminuzione del rischio di depressione; psicologicamente è il modo migliore – e senza alcuna spesa – per crescere nella fiducia in sé stessi, nell’empatia verso gli altri, nella capacità di apprendimento e di giudizio.
Insomma, un generale beneficio alla vita che viene celebrato e ricordato ogni anno nella Giornata mondiale della gratitudine (21 settembre). Alla base vi è il debutto ufficiale del 1977 (un momento di “grazie” nella Meditation Room del Palazzo di Vetro) e, ancor prima, un incontro internazionale avvenuto nel 1965 alle Hawaii i cui partecipanti riferirono l’esigenza di ri-abituare tutti ad esso. Molti oggi ci tengono ad offrire – il più delle volte ben altro che gratuitamente – le loro “regole magiche” per imparare la gratitudine e quindi a vivere meglio.
Elemento comune per molti quello di scriversi quotidianamente un elenco delle cose per cui essere grati, cercando di focalizzarsi sulle cose positive e non sugli imprevisti, sulle emozioni e non sulla razionalità, sul presente e non sul futuro. Meno accordo tra gli esperti su a chi devono essere indirizzati questi “punti di gratitudine”: a sé stessi, agli altri in generale, a qualcuno (o Qualcuno) in particolare. Grazie.

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