Nel mondo
stampa

Polonia e Ungheria sul banco degli imputati

In rotta con l’Ue bloccano i fondi anti-Covid. Poi il compromesso

Parole chiave: Polonia (1), Ungheria (1), Andrzej Duda (1), Victor Orban (1)
Polonia e Ungheria sul banco degli imputati

Sono anni che l’Unione Europea cerca di intervenire sulle deviazioni dallo stato di diritto, programmate e attuate dai governi polacco e (soprattutto) ungherese: due Paesi appartenenti all’Unione, non scordiamolo.
Una questione molto spinosa, che attiene ai valori fondamentali di appartenenza ad una comunità, quale l’Unione Europea, imperniata sui principi costituzionali della liberaldemocrazia. I regimi (possiamo definirli così?) di Varsavia e Budapest, invece, si ispirano apertamente a ordinamenti statuali che il primo ministro ungherese Victor Orban non esita a definire illiberali.
Alle parole sono seguiti, nel corso degli ultimi anni, fatti concreti che hanno condotto a forti limitazioni della libertà di stampa (chi critica il potere rischia detenzioni in carcere), alla compressione dei diritti civili e alla sottoposizione del potere giudiziario a quello esecutivo.
Come si può comprendere, le ripercussioni non rimangono semplicemente a un livello di disputa e analisi teorica, ma intaccano direttamente il processo di integrazione comunitaria, i suoi meccanismi di funzionamento istituzionale e le sue procedure decisionali. Le pressioni morali e politiche esercitate dal Parlamento e dalla Commissione Europea si erano già tradotte nella richiesta e nell’avvio di specifiche procedure di infrazione, alle quali, tuttavia, sia la Polonia che l’Ungheria hanno mostrato di non essere particolarmente sensibili.
Da questo punto di vista, l’ultimo Consiglio Europeo è riuscito ad imprimere un cambio di marcia significativo, mettendo sul tavolo argomenti molto più convincenti: si tratta della possibilità di sospendere i finanziamenti europei in caso di comprovate violazioni dello stato di diritto.
Varsavia e Budapest si erano spinte a porre i loro veti sull’approvazione del prossimo bilancio pluriennale europeo, su cui è basato il piano Next Generation Eu di 750 miliardi di euro per fare fronte alla crisi economica, sociale e sanitaria generata dalla pandemia di Coronavirus, al fine di ottenere la rimozione della clausola condizionale sul rispetto dello stato di diritto per accedere a tali finanziamenti, voluta e concordata dal Parlamento e dal Consiglio dell’Unione Europea. Sono i soldi del cosiddetto Recovery Fund che tanto l’Italia sta attendendo, oltre 200 miliardi di euro “bloccati” dalle due cancellerie dell’Est Europa.
A quel punto gli altri venticinque Stati membri hanno minacciato di procedere con un accordo intergovernativo (insomma, il piano funzionava e finanziava gli altri 25 Stati, escludendo proprio Polonia e Ungheria), che avrebbe significato l’avvio di una sospensione di fatto dei due Paesi dal consesso comunitario.
Ipotesi che avrebbe comportato non solo l’esclusione dal fondo anti-pandemia, ma creato problemi anche all’accesso ai finanziamenti ordinari: prospettive destabilizzanti per Ungheria e Polonia, i cui prodotti interni lordi sono strettamente legati alle risorse finanziarie che ricevono dall’Unione Europea.
Il compromesso finale lega la violazione dello stato di diritto a eventuali effetti negativi per l’economia dell’Unione Europea, ai quali le sanzioni dovranno essere commisurate con riferimento ai finanziamenti futuri, a partire dal 2021, senza intaccare quelli già decisi. Inoltre Ungheria e Polonia potranno ricorrere alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, il cui pronunciamento sarà preliminare all’applicazione da parte della Commissione del regolamento sulla sospensione dei finanziamenti per violazione dello stato di diritto.
Ungheria e Polonia hanno guadagnato tempo (i soli ricorsi impediranno sospensioni dei finanziamenti comunitari fino al 2022 inoltrato, anno in cui l’Ungheria andrà al voto); ma gli altri Stati membri e le istituzioni comunitarie per la prima volta si potranno avvalere di un regolamento comunitario che, a maggioranza qualificata e non all’unanimità, permette di incidere sugli interessi economici vitali di quei Paesi che dovessero violare i principi dello stato di diritto. È già qualcosa.

Tutti i diritti riservati
Polonia e Ungheria sul banco degli imputati
  • Attualmente 0 su 5 Stelle.
  • 1
  • 2
  • 3
  • 4
  • 5
Votazione: 0/5 (0 somma dei voti)

Grazie per il tuo voto!

Hai già votato per questa pagina, puoi votarla solo una volta!

Il tuo voto è cambiato, grazie mille!

Log in o crea un account per votare questa pagina.

Non sei abilitato all'invio del commento.

Effettua il Login per poter inviare un commento