Maschietto o femminuccia? In Scozia è quel che gli pare
L’indipendenza, in Scozia, è anche questione di genere. Edimburgo ha recentemente tentato lo strappo sul tema gender adottando nuove linee guida per le scuole
L’indipendenza, in Scozia, è anche questione di genere. Edimburgo ha recentemente tentato lo strappo sul tema gender adottando nuove linee guida per le scuole: l’obiettivo è differenziarsi da Inghilterra, Galles e Irlanda del Nord e fare da apripista sui diritti transgender nel Regno Unito. Secondo le direttive diffuse dal governo guidato dal primo ministro Nicola Sturgeon, a partire dai quattro anni (età d’inizio della primaria) i bambini saranno liberi di cambiare sesso e genere a scuola senza il consenso diretto dei genitori. Il documento di 70 pagine invita gli insegnanti ad evitare di fare domande agli alunni che esprimono questa volontà, limitandosi a chiamarli con il nome o il pronome che desiderano. Ad ognuno sarà quindi permesso di usare i servizi igienici che meglio si adattano alla propria identità, mentre le classiche uniformi scolastiche diventeranno “unisex”.
Il governo scozzese sostiene che le scuole debbano essere in grado di rispondere alle esigenze dei bambini transgender fin dalla tenera età, senza interferire con il percorso di ricerca della propria identità, garantendo un ambiente sicuro, inclusivo e rispettoso. Le linee guida reinterpretano in chiave gender tanti temi della quotidianità scolastica, dalle attività sportive alle gite. Particolare attenzione è riservata ai libri di testo, che devono essere liberi da stereotipi di genere.
La Scozia si conferma così uno dei Paesi più attivi nel sostenere le teorie del gender e continua a essere considerato tra i primi in Europa in termini di uguaglianza per i diritti Lgbt+. Già nel 2018 il governo aveva stabilito che, nelle scuole, si insegnasse come l’identità di genere fosse slegata dalla realtà biologica maschile-femminile, e avesse invece a che fare con le proprie scelte e convinzioni personali. A partire dalla primaria, i bambini scozzesi imparano quindi che il sesso è fluido e non ha radici fisiologiche, mentre il genere è una costruzione sociale.
A partire da quest’anno, inoltre, la storia Lgbtq+ entrerà ufficialmente nei programmi scolastici della scuola pubblica. La novità fa seguito a una decisione presa dal Governo nel 2020. I curricula porranno particolare attenzione a temi come il matrimonio fra persone dello stesso sesso, le famiglie arcobaleno, ma anche l’omofobia, la bifobia, la transfobia e le problematiche legate ad Hiv e Aids. L’obiettivo, secondo i sostenitori delle nuove norme, è decostruire stereotipi e identità di genere usando la cultura come mezzo per combattere ogni forma di discriminazione.
La notizia arriva a qualche settimana di distanza dalla scelta del National Records of Scotland, l’istituto di statistica scozzese, di lasciare piena libertà ai cittadini nel determinare il proprio genere quando partecipano a questionari e sondaggi. Secondo le linee guida rilasciate dall’ente, è possibile rispondere alla domanda sul sesso in base a come ci si identifica in quel momento, indipendentemente dai dettagli biologici riportati sul certificato di nascita. Anche senza un certificato ufficiale di “riconoscimento di genere”, le persone transgender potranno così esprimere liberamente la propria identità.
Le novità che riguardano scuola e amministrazione fanno in realtà parte di un più ampio piano normativo. Dal 2019 il Governo guidato dalla Sturgeon sta spingendo per l’adozione del Gender Recognition Reform Bill, una riforma di stampo progressista che mira a rimpiazzare una legge del 2004, considerata non più al passo con i tempi. Secondo il primo ministro scozzese, la proposta di legge vuole “rendere il processo di riconoscimento del genere meno degradante, invadente e traumatico. In altre parole, il Gender Recognition Reform Bill semplificherà la vita di una delle minoranze più stigmatizzate nella nostra società”.
Un primo tentativo di riforma era però stato bloccato sul nascere per l’opposizione di alcune forze politiche e per le proteste di diverse organizzazioni della società civile. Di recente la Sturgeon ha espresso il desiderio di riportare la questione al centro dell’agenda di governo già a partire dai prossimi mesi. Il progetto di legge prevede di ridurre a sei mesi il tempo necessario alle persone transgender per ottenere un certificato che ne riconosca l’identità: prima di richiedere un documento ufficiale, i candidati dovrebbero innanzitutto vivere “in sintonia” con il proprio genere per un minimo di tre mesi; dovrebbero poi far trascorrere un periodo di “riflessione” di altri tre mesi prima di ottenere la conferma definitiva.
Le decisioni prese dal Governo scozzese hanno scatenato un acceso dibattito a livello non solo nazionale ma anche europeo. Le posizioni gender sono state duramente criticate da una cinquantina di intellettuali francesi che, qualche settimana fa, hanno firmato un appello sul quotidiano politico Express definendo le nuove linee guida scolastiche introdotte dalla Scozia “una grave deriva in nome dell’emancipazione del bambino transgender”. Medici, filosofi, psicologi, antropologi e magistrati parlano di “furto dell’infanzia” e “mercificazione del corpo”, sostenendo che le richieste di cambiamento di sesso in giovanissima età si basano spesso “sulla semplice percezione, presentata come verità, al costo di un trattamento medico o addirittura chirurgico permanente sul corpo di bambini e adolescenti”.
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