L'eterno scontro tra miseria e nobiltà
Federico Bozzini
Nobili, borghesi e contadini
in un conflitto di paese
Mazziana – Verona 2016
pp. 175 – euro 15,50
Sembra di leggere I promessi sposi del Manzoni. I personaggi ci sono tutti: nobili prepotenti, braccianti agricoli pieni solo di miseria, sgherri e bravi dei signorotti, randellate e punizioni, intrighi ed imbrogli in cui sono coinvolti senza saperlo e chiamati a pagare soltanto i poveri, una nascente borghesia, i tribunali che amministrano la giustizia. La vicenda si colloca tra il 1817 e il 1835. Vede protagonisti da una parte la nobile famiglia Maffei di Verona e dall’altra i contadini di Erbé ed Erbedello in un conflitto di paese che diventa però uno scontro tra classi sociali, tra giustizia da far rispettare e sopruso esercitato per diritto nobiliare.
Federico Bozzini (Verona 1943-1999) racconta la storia vera di una “guerra” tra l’ottantenne conte padre Francesco Maffei, l’unico suo figlio Carlo e i conduttori dei fondi agricoli nei Comuni della Bassa veronese chiamati annualmente a pagare ai suddetti nobili la decima sui raccolti agricoli.
Ad Erbé i Maffei hanno il palazzo di campagna e grandi possedimenti terrieri. Ma nel 1820 la famiglia subisce un grave tracollo economico con rischio di fallimento. Più i Maffei sono in difficoltà, più forte diventa la pretesa – messa in pratica anche con l’aiuto di sgherri al loro servizio – di riscuotere la decima, vale a dire una parte dei raccolti maturati sui vari fondi agricoli. A questa richiesta si oppongono alcuni borghesi istruiti e poi, via via, anche i piccoli coltivatori ed i braccianti agricoli.
Si apre così una lunga vertenza giudiziaria che alla fine porta inaspettatamente alla vittoria dei resistenti.
Coloro che pretendono la decima – tra i primi i Maffei – non riescono infatti a dimostrare i titoli legali che documentano tale diritto. La Pretura di Isola della Scala prima e la Corte d’Appello poi decretano conseguentemente che “tale tassa non debba essere pagata”.
È una grande vittoria che viene festeggiata per giorni da tutto il paese. La nascente borghesia dei commerci, delle professioni, i proprietari terrieri ed anche i braccianti, dopo secoli di “tosatura” e di subordinarietà, trovano così giustizia e divengono protagonisti di un futuro che non nei titoli nobiliari ma nell’intrapresa e nelle capacità produttive trova la via dello sviluppo e dell’uguaglianza giuridica di tutti i cittadini, anche di fronte alla legge.
La storia raccontata da Bozzini continua tra molti altri colpi di scena. Per il nobile casato dei Maffei si tratta di una fine ingloriosa. L’ultimo rampollo, il conte Carlo, muore alla fine del 1839. È completamente sul lastrico ma – annota l’autore del volume – “non manca di rivolgere un ultimo sguardo di sovrano disprezzo a questo mondo plebeo in cui vincono i borghesi”.