Braccia strappate all’agricoltura
di NICOLA SALVAGNIN
Per le campagne è un dramma la mancanza di rumeni, polacchi, marocchini che si occupino di semina, di raccolta, delle varie lavorazioni agricole per le quali non si trova nemmeno un paio di braccia
di NICOLA SALVAGNIN
Se non vengono loro da noi, andiamo noi a prenderli a casa e li portiamo qui. Stiamo parlando di… marocchini, e la notizia arriva dalle pianure del Nord Italia: per le campagne è un dramma la mancanza di rumeni, polacchi, marocchini che si occupino di semina, di raccolta, delle varie lavorazioni agricole per le quali non si trova nemmeno un paio di braccia.
Ecco quindi che Coldiretti Verona ha contattato l’ambasciata marocchina, s’è organizzata con le autorità di quel Paese, ha affittato qualche aereo ed è andata in Nord Africa ad imbarcare le prime centinaia dei circa 5mila marocchini che ogni anno vengono a lavorare in quelle campagne. Tampone, biglietto aereo pagato e via!
Molti gli imprenditori agricoli che li attendono all’aeroporto con il tappeto rosso steso. Perché senza quelle braccia si ferma la tabacchicoltura; non si raccolgono meloni, pomodori, pesche… Senza le mani di migliaia di indiani, l’allevamento bovino e i caseifici chiudono bottega; senza la presenza di baldi giovanotti dell’Est europeo, le vendemmie autunnali rimarrebbero al palo.
Stiamo parlando – sono stime di Coldiretti – di 200mila posti di lavoro nelle sole campagne. Che potrebbero essere appannaggio degli italiani, se agli italiani interessasse un ritorno alla terra faticoso e certo non strapagato. A quei posti si potrebbero aggiungerne altrettanti che necessitano all’industria manifatturiera, in costante crisi di manodopera specializzata. E altrettanti dal terziario meno appagante e pagato.
Oppure si attende a casa il reddito di cittadinanza, con un milione 130mila famiglie coinvolte e oltre due milioni e mezzo di italiani (freschissimi dati Inps). Alcuni dei quali, tra il solleone campagnolo e la fresca penombra salottiera, hanno già fatto la loro scelta.
Ma questa è una dinamica che ha coinvolto tutte le società “avanzate”. Finito il momento del bisogno ed elevatesi le aspettative di occupazione e di reddito, già nei decenni scorsi in Svizzera, Belgio, Germania, Francia… si sono svuotate le campagne e le fabbriche; a colmare quei buchi sono arrivati milioni di italiani, spagnoli, portoghesi, turchi, trattati con la freddezza e il disprezzo che spesso si riserva a chi è povero.
Ora è il nostro turno, sia nel bisogno che nella freddezza.
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