Il Fatto di Bruno Fasani
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Quella pubblicità che ha scatenato tanta ideologica stupidità

Basta il clamore che gli stanno facendo intorno, per capire che ci troviamo davanti ad una delle pubblicità meglio riuscite degli ultimi tempi...

Parole chiave: Esselunga (1), Il Fatto (439), Bruno Fasani (348), Pubblicità (4)

Basta il clamore che gli stanno facendo intorno, per capire che ci troviamo davanti ad una delle pubblicità meglio riuscite degli ultimi tempi. Già, perché gli spot non servono a dirti com’è fatto un prodotto, di cosa è composto, perché dovresti sceglierlo tra mille altri. Il loro scopo è provocare delle reazioni emotive, così che tu finisci per memorizzare il marchio, finendo per sceglierlo quando andrai a fare la spesa, con l’inconscia certezza che quella cosa ti è nota e che ti puoi fidare della sua qualità. Così funziona il mercato e così funziona la pubblicità: quella che, ogni giorno, ci pilota a desiderare, comprare e pagare.
A fare bingo questa volta è una pubblicità della Esselunga. Una bambina, figlia di genitori separati, è a fare la spesa con la mamma. All’ultimo minuto, senza dire il perché, decide di mettere nel carrello una bellissima pesca. Una sola. La mamma si interroga sul perché di quel gesto, senza averne una spiegazione. Lo capirà di lì a poco, perché quello è il giorno concordato in cui Emma deve stare con il papà, il quale arriva puntuale sotto casa a prelevarla. La bambina prende le sue cose, poi sale in macchina tenendo stretta tra le mani la pesca comprata al supermercato. Una volta sistemata sul sedile allunga il frutto, accompagnando il gesto con poche parole: «Questa te la manda la mamma».
Pur rispettando legittimi diversi pareri, trovo questo spot semplicemente straordinario. Non tanto per ciò che dice la bambina, che comunque ci obbliga a qualche riflessione, ma per un messaggio potente che ci propone indirettamente, ossia che dentro ad ogni carrello della spesa si nasconde una storia. La storia di chi è solo e deve dosare la quantità di ciò che acquista o i pochi soldi a disposizione; o quella di chi deve pensare ai propri cari, intercettando gusti diversi, esigenze alimentari particolari; quella di chi deve scegliere pensando a problemi di salute; di chi ha ospiti e vuol trattarli con riguardo; di chi ha voglia di festa e pregusta la gioia della convivialità… E ci sta anche la storia di bambini iper viziati, magari solo per tacitare qualche senso di colpa degli adulti; e di altri, parcheggiati dai nonni o in strutture di ripiego, per l’assenza dei genitori. Pensare cosa si nasconde dietro il nostro fare la spesa è togliere il rito del carrello dalla compulsività del riempire senza pensare.
A fronte di queste considerazioni in positivo, bisogna dire che contro questo spot s’è scatenata l’ideologia più cretina che, per giorni ha riempito gli “scaffali” della cronaca. Vi riporto in sintesi qualche perla di stupidità. “È una negazione dei diritti civili, che vorrebbe riportarci indietro, prima della legge sul divorzio”. “È uno spot fascista, della serie Dio, Patria e famiglia”. “È una strumentalizzazione dei sentimenti dei bambini”. “È una violenza che suscita in loro sofferenze indotte”...
Mi sono chiesto il perché di tanto scandalizzato livore da parte di politici, intellettuali, opinionisti, a fronte di un loro silenzio assordante quando la pubblicità passa scene di baci omosessuali, famiglie arcobaleno, scene volgari o ambiguamente pericolose (penso alla pubblicità ultima di Dolce e Gabbana tanto per fare un esempio). Perché si tace su quelli e ci si scandalizza per questo?
Io un’idea me la sono fatta. Ed è che lo spot della pesca disturba perché porta a nudo i sensi di colpa dentro la coscienza e la verità del fatto che un fallimento di coppia è sempre una sconfitta personale e una ferita dolorosa fatta pesare sulle spalle dei figli.

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Quella pubblicità che ha scatenato tanta ideologica stupidità
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