Il Fatto di Bruno Fasani
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La triste tassa religiosa e il felice otto per mille

La chiamano Kirchensteuer, ovvero tassa per la Chiesa e va pagata dichiarando la religione di appartenenza. L’ammontare va dall’8 al 9 per cento ed è obbligatoria, come obbligatorio è il dovere di dichiarare a quale confessione si appartiene: cattolica, protestante, ebraica. Siamo in Germania, ovviamente...

Parole chiave: Il Fatto di mons. Bruno Fasani (46)

La chiamano Kirchensteuer, ovvero tassa per la Chiesa e va pagata dichiarando la religione di appartenenza. L’ammontare va dall’8 al 9 per cento ed è obbligatoria, come obbligatorio è il dovere di dichiarare a quale confessione si appartiene: cattolica, protestante, ebraica. Siamo in Germania, ovviamente. Ma un regime analogo vige anche in Svizzera e Danimarca. Una prassi consolidata a partire dal secolo XIX quando lo Stato nazionalizzò i beni ecclesiastici, ma che ultimamente, dati anche i chiari di luna che si vedono in giro, non pochi hanno deciso di aggirare, professandosi atei per non pagare il pesante balzello. Un dato che ha allarmato la Chiesa cattolica tedesca, da tempo abituata ai sostanziosi contributi, la quale ha concluso di rendere la vita difficile a quanti decidono di abiurare, almeno sulla carta del Fisco, la propria fede di appartenenza. Chi chiede di passare nel numero degli atei deve fare tanto di domanda, pagare trenta euro, dimostrare di aver effettivamente abbandonato la fede. Dopodiché dovrà accettare le conseguenze di tale scelta. Radiato dalla Chiesa, sarà escluso dai sacramenti, non potrà essere né padrino né testimone nelle celebrazioni e non potrà beneficiare di alcun rito religioso al momento della morte.
Di quanto sia gravosa questa Kirchensteuer ne sa qualcosa il capocannoniere del Verona, il mitico goleador della nazionale, Luca Toni. Neppure la fantasiosa mente di un attaccante come lui poteva immaginare che tre anni di dichiarazione dei redditi in Germania gli sarebbero costati un milione e settecentomila euro come tassa religiosa. Esattamente un milione e mezzo più duecentomila di multa. Somma che lo ha visto imputato al tribunale di Monaco come evasore fiscale. La sua colpa? Al Bayern Monaco, dove ha giocato dal 2007 al 2010, non aveva calcolato i rischi di quel “cattolico” messo in calce alla dichiarazione dei redditi dal suo commercialista. Solo che il Fisco tedesco, a differenza di quello italiano, trotta con il ritmo di una marcia di Radetzky e impietoso ha presentato il conto. Oltretutto il nostro campione non ha mai fatto mistero della propria fede, per cui diventava difficile anche abbozzare una timida... apostasia fiscale.
A sua consolazione non gli resta che il felice rientro in Patria. Amato e coccolato dai tifosi e, soprattutto, ai ripari dalla Kirchensteuer. Da noi, a dispetto di qualche malpancista pronto a vedere nei preti le sanguisughe d’Italia, vige una delle espressioni più alte e civili della democrazia. Esattamente quel meccanismo dell’8 per mille ideato da un promettente Giulio Tremonti e un altrettanto promettente giovane vescovo, oggi cardinale, Attilio Nicora. Lasciando libertà ai cittadini di destinare una piccolissima parte dei redditi dichiarati, si ottenevano due risultati di grande portata civile. Da una parte si riconosceva alle varie confessioni religiose un importante ruolo sociale. Solo letture pregiudiziali possono credere che la fede sia retaggio inutile e superato o, peggio ancora, nemico del progresso e della modernità. Non solo la fede è costitutiva dell’indole umana profonda, ma essa, se correttamente vissuta è sorgente di importanti servizi in ambito sociale. Il meccanismo dell’8 per mille ha dato e dà al cittadino la possibilità di esprimere liberamente il proprio sentire. Soprattutto gli è data la possibilità d’essere protagonista attivo nel destinare una parte del gettito fiscale secondo la propria sensibilità civile e religiosa, rispettando tutte le confessioni e, volendo in alternativa, lo Stato stesso.
Forse a forza di denigrare le cose di casa nostra abbiamo finito per banalizzare anche l’8 per mille. Che rimane comunque una conquista di grande civiltà e un modello da esportare. Quando mai Frau Merkel avesse da imparare qualcosa anche da noi.

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