La deriva inquietante della fascistizzazione
I fatti di Macerata, dove la follia xenofoba e razzista ha armato un delinquente locale contro gli immigrati, sono forse la punta dell’iceberg di un male che sta espandendosi nel Paese, come un virus per il quale sarebbe il caso di trovare in tempo il vaccino giusto, prima che esso degeneri nell’irreparabile.
I fatti di Macerata, dove la follia xenofoba e razzista ha armato un delinquente locale contro gli immigrati, sono forse la punta dell’iceberg di un male che sta espandendosi nel Paese, come un virus per il quale sarebbe il caso di trovare in tempo il vaccino giusto, prima che esso degeneri nell’irreparabile. È esagerato ma mi sento di dire che stiamo assistendo ad una fascistizzazione degli stili di vita. Non tanto in senso politico e ideologico, quanto nel metodo. L’impressione è che sempre più l’arroganza, l’intimidazione, l’arbitrio del più forte stiano rubando spazio e logica alla cultura della civiltà e del rispetto per gli altri. Siamo partiti da Macerata, ma il lamento potrebbe portarci su mille altre situazioni. Penso ai ragazzi violenti, le cosiddette baby gang, penso ai ragazzi che sfregiano l’insegnante per un rimprovero, ai genitori che prendono a botte i maestri dei figli, alle zuffe violente fuori dagli stadi, ai cori razzisti delle tifoserie, ad un crescente clima di intolleranza che ci consegna lo scontro politico, alla violenza digitale dove si distrugge l’onore delle persone come se si trattasse di un gioco virtuale.
Assistiamo a tutto questo scoprendoci intimiditi e tante volte impauriti, come se le leggi della civiltà e della democrazia non fossero più in grado di tutelarci. Ho parlato di violenza fisica, ma non è meno pericolosa quella verbale, che fluisce nel linguaggio intollerante di strati sempre più ampi della popolazione. Il politicamente corretto ci impedisce di dire fuori dai denti quanto sentiamo dalle chiacchiere in libera uscita dentro casa, intorno ai tavoli di un bar, dentro i proclami dei partiti, sempre pronti a far cassa col malcontento della gente. Sappiamo perfettamente cosa si dice degli stranieri, sul Papa che invita ad accoglierli, sugli sfortunati finiti a nutrire i pesci in fondo al mare.
Se siamo arrivati a questo punto certamente una buona parte di responsabilità spetta alla politica, soprattutto in riferimento ai flussi migratori. L’accoglienza è certamente un grande valore ma la sua gestione è valore ancora superiore. Aprire le frontiere senza fare nulla perché avvenga l’integrazione è come aprire le porte di casa lasciando senza cibo quelli che arrivano. Tempo una settimana e vedrai come te la riducono.
Altra responsabilità andrebbe cercata nelle maglie di una giustizia dalla quale ormai escono impuniti pesci piccoli e pesci grossi, lasciando nei cittadini l’impressione non infondata che essere onesti o disonesti sia assolutamente indifferente.
Eppure in questa strisciante fascistizzazione di stili di vita non si può tacere la responsabilità di tutte le istituzioni, famiglia, scuola e Chiesa comprese. A criticare gli altri si finisce per cadere nell’errore che si fa quando si addossano al vescovo tutte le magagne della comunità cristiana. Chi ci impedisce di essere cristiani veri? Analogamente chi ci impedisce d’essere cittadini coerenti e convincenti capaci di seminare sementi di civiltà contro il pericolo dell’imbarbarimento?
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