Tanti Giuseppe: alcuni segnarono un altro raccontò l’Italia alla radio
Giuseppe, nel suo piccolo, ha fatto la storia del calcio italiano. E il nome non è un indizio molto utile, perché di Giuseppe da ricordare ce ne sono tanti...
Giuseppe, nel suo piccolo, ha fatto la storia del calcio italiano. E il nome non è un indizio molto utile, perché di Giuseppe da ricordare ce ne sono tanti. Da Meazza, al quale è intitolato lo stadio di Milano, a un altro interista come Bergomi, che ricordiamo vincitore a 18 anni del mondiale in Spagna nel 1982. Giuseppe – Beppe – Signori ha fatto parte del Foggia delle meraviglie di Zeman, poi alla Lazio ha vinto due titoli da capocannoniere. Non solo: ai mondiali del ‘94 si inventò un generoso assist per Roberto Baggio, nei quarti di finale contro la Spagna. Tormentato dagli infortuni invece è Giuseppe Rossi, che sta chiudendo negli Stati Uniti una carriera iniziata nel Manchester United e che ha avuto qualche alto (la tripletta alla Juventus con la maglia della Fiorentina) e tanti stop in infermeria. Questo Giuseppe, invece, è uno dei protagonisti di una partita del 1928. Italia-Ungheria, una sorta di amichevole ma che tanto amichevole non è, visto che – fino ad allora – i magiari ci hanno sempre dato delle grandi lezioni. Si gioca a Roma, allo stadio Flaminio. Alla fine del primo tempo gli ospiti sono già in vantaggio di due reti: Kohut al 13’, Hirzer al 44’. Nulla di nuovo.
Alla ripresa, però, è un’altra Italia: Conti e Rossetti riportano il punteggio in parità, poi di nuovo Conti ci fa assaporare il vantaggio che dura pochi secondi, per via del pareggio di Takacs. Ma, a cinque minuti dalla fine, l’argentino naturalizzato italiano Julio Libonatti ci regala un 4-3 memorabile (Italia-Germania del ’70 era ancora di là da venire).
E Giuseppe? Non ha messo il piede in campo, ma non importa. Il vero protagonista di quella partita è lui. Giuseppe Sabelli Fioretti è infatti un cronista della Gazzetta dello Sport. «Devi andare a Roma – gli era stato detto qualche giorno prima –. Racconterai Italia-Ungheria». La prima radiocronaca di una partita della Nazionale italiana porta la sua voce. Di quel periodo, pieno fascismo (e anche gli eventi sportivi servivano ad alimentare l’ideologia), abbiamo ben poca nostalgia. Ma, ancora oggi, a 92 anni di distanza, la radio ci fa sentire più vicini. E la voce di chi ci racconta qualcosa – una partita o le notizie del giorno – anche se non lo conosciamo direttamente, non è mai la voce di un estraneo.
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