Dieci minuti in Serie A (e un gol regolare ma annullato)
In questa storia si intrecciano due esordienti in Serie A: un giocatore e un arbitro.
Il campionato va giocato fino in fondo. E il Catania, già retrocesso dalla matematica, non può fare eccezione. Le motivazioni sono sotto il tappeto, nella partita in casa contro l’Atalanta (18 maggio 2014), eccezion fatta per i debuttanti, che devono mostrare il loro valore. Uno di questi non è un calciatore, ma l’arbitro dell’incontro. Poco importa che a giocare non siano Inter o Juventus: potrà dire di aver diretto un match di Serie A. Un altro che scalpita, invece, si chiama Fabio Aveni. Deve ancora compiere i 20 anni e viene dalla provincia di Messina. Cresciuto nelle giovanili del Catania, è tornato tra le fila degli etnei dopo un breve prestito al Perugia. E adesso scalpita, il ragazzo. Può fare ben poco, in realtà, perché il mister l’ha lasciato in panchina. Vale più o meno lo stesso discorso: essere convocato per una partita di Serie A è già un bel risultato. Certo che giocare, anche solo un minutino, sarebbe tutta un’altra storia… Il primo tempo è uno tra quelli più noiosi della storia del calcio: le sintesi televisive passano dalla stretta di mano dei due capitani alle squadre che tornano negli spogliatoi, per rendere l’idea dello spettacolo sul terreno di gioco. La ripresa è di tutt’altra pasta e al minuto 86, sul risultato di 1-1, Aveni entra in campo: il suo sogno è realizzato. In pieno recupero, un cross dalla sinistra viene goffamente stoppato con il braccio da Betancourt, difensore dell’Atalanta: Aveni si trova al posto giusto al momento giusto, e da due passi mette dentro. Allarga le braccia, prima per esultare, poi per l’incredulità. L’arbitro, esordiente come lui, avrebbe dovuto concedere la regola del vantaggio e assegnare il gol. Invece, un po’ precipitosamente, ha fischiato il rigore senza attendere lo sviluppo dell’azione (giusto due secondi in più). Inevitabilmente, dal dischetto ci va il giocatore più esperto, l’argentino Gonzalo Bergessio, non l’ultimo arrivato. Sono passati tre anni e mezzo, e Fabio Aveni non ha più visto un campo di Serie A. Oggi gioca nell’Igea Virtus (Serie D). Nella massima serie è rimasto il tempo d’un battito d’ali: meno di dieci minuti giocati, un gol. Sarebbe una media da bomber puro, però quella rete, pur regolare, non esiste. Noi, gli “invisibili” – nel calcio come nella vita – non vogliamo invece perderli di vista. E chisseneimporta di quello che è scritto sugli almanacchi.
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