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Perché il 2017 ci dice bene

‘Che Dio ti benedica’ (oltre ad essere un bell’album del ’93 di Pino Daniele) è la parola-augurio con la quale vogliamo iniziare questo nuovo anno 2017.
Nella Bibbia il termine berakhà (e le sue forme) ricorre 398 volte. Nelle prime due Dio benedice per primi l’uomo e la donna. E alla fine del processo di creazione benedice il Sabato. C’è tutto l’augurio per il nuovo anno appena iniziato...

Parole chiave: 2017 (1), Anno nuovo (4), Editoriale (407), Renzo Beghini (62)

‘Che Dio ti benedica’ (oltre ad essere un bell’album del ’93 di Pino Daniele) è la parola-augurio con la quale vogliamo iniziare questo nuovo anno 2017.
Nella Bibbia il termine berakhà (e le sue forme) ricorre 398 volte. Nelle prime due Dio benedice per primi l’uomo e la donna. E alla fine del processo di creazione benedice il Sabato. C’è tutto l’augurio per il nuovo anno appena iniziato.
La benedizione nella Bibbia ha il significato di ‘parola efficace’. Una parola che realizza ciò che significa e fa ciò che dice. Ma non si tratta di una libera o generosa concessione. Non è nemmeno un oroscopo. Non funziona da assicurazione. Non è il tentativo di scaricare compiti e responsabilità. È piuttosto assumere il coraggio di Dio nella storia degli uomini a fronte di tempi bui, incerti e difficili. È adesione alla storia senza paura, stare dentro il mondo e le cose con la capacità di intravvedere le promesse nascoste. E di questi tempi ne abbiamo proprio bisogno.
Benedizione nella Bibbia esprime anzitutto una relazione, un patto. È il riconoscimento che qualcuno sta al principio, all’inizio della tua storia. Non ti sei fatto da solo. Tutte le benedizioni hanno a che fare con il padre.
Una prima sfida di questo nuovo anno consiste nella capacità di rendere plurali i legami. Tutte le esperienze umane significative hanno al loro inizio uomini capaci di relazioni. Tutte le sfide che abbiamo di fronte: il lavoro, l’immigrazione, il futuro per i giovani, le molte forme di povertà, l’ambiente, la legge elettorale, le prossime elezioni amministrative di Verona città e di molti comuni della provincia, tutte hanno a che fare con la capacità o meno di tessere relazioni. L’uomo che la Bibbia descrive è un nodo di relazioni, contemporaneamente singolare e plurale. È individuo e comunità insieme. Se si separano queste dimensioni, non è più uomo.
Un altro elemento tipico della benedizione è la sua dimensione generativa. Nella Bibbia la prima benedizione di Dio è direttamente collegata alla moltiplicazione della vita. È un atto generativo. Generare è dare inizio, primerear-prendere l’iniziativa direbbe papa Francesco. È rendere visibile ciò che è all’origine, che è invisibile e ha radici lontane, che precede l’azione e la rende possibile. Esso implica un vedere e immaginare oltre, un potenziale che attende di essere riconosciuto per poter sbocciare. Generatività è uno sguardo inedito sul mondo.
Da ultimo, benedire è riconoscere la fedeltà di Dio nelle pieghe della storia. Quella del Sabato è una benedizione della memoria: non dimenticare ciò che Dio ha fatto. Benedire allora è il saper vedere che Dio è fedele a se stesso e alla sua promessa.
Certo ciò non significa che non ci saranno problemi o difficoltà. Come diceva Bonhoeffer, benedizione e croce non si escludono. Se nell’Antico Testamento la benedizione racchiude in sé anche la croce, nel Nuovo la croce racchiude in sé anche la benedizione.
La benedizione è l’azione costante, l’occupazione quotidiana di Dio, è il cantus firmus dell’universo e la nostra speranza. Buon 2017 dunque.

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