L’orrore dei bambini soldato
Quante volte abbiamo sentito l’adagio popolare: “In amore e in guerra tutto è permesso”. Forse queste parole le abbiamo anche ripetute...
Quante volte abbiamo sentito l’adagio popolare: “In amore e in guerra tutto è permesso”. Forse queste parole le abbiamo anche ripetute senza riflettere sul loro significato. Se ci pensiamo un attimo, non hanno alcun senso. Quando, per sconfiggere l’avversario o per conquistare una persona, tutto è lecito, occorre considerare le conseguenze di questo.
Anche in guerra ci sono delle regole da rispettare. I trattati internazionali vietano l’uso di armi di distruzione di massa e mirano a garantire la protezione delle popolazioni civili. La cosa seria è che queste regole non vengono rispettate. In guerra si sospende l’umanità e, pur di vincere, si deportano anche bambini e bambine o li si obbliga a imbracciare le armi, ad odiare il nemico e a uccidere.
È notizia di pochi giorni fa il mandato d’arresto contro Putin della Corte penale internazionale per aver deportato migliaia di bambini e di bambine ucraini. La notizia è tragica e se è vero che anche il presidente della Bielorussia sta addestrando minori per mandarli a combattere, ci troviamo a un ennesimo esempio di “bambini soldato”. Così come nella Repubblica democratica del Congo, del Centrafrica, in Somalia, Sud Sudan, Mali, Colombia, Myanmar, Siria, Iraq, Afghanistan, Yemen, Filippine… e potremmo andare avanti ancora. Son tanti i Paesi in conflitto che usano questa pratica criminale e la Corte penale internazionale non dovrebbe emettere gli stessi provvedimenti anche per quei capi di Stato?
Quando in un Paese i bambini sono usati per la guerra, è una tragedia perché si nega il futuro a loro e a tutta la società. Il disastro poi si proietta nel futuro: che ne sarà di persone alle quali è stato tolto il diritto alla fanciullezza e alla scuola e hanno imparato solo a combattere? Quale possibilità avranno di lavorare, di formarsi una famiglia se sapranno solo uccidere?
Pensiamo che le armi che vengono imposte a tanti di loro provengono pure dalle nostre fabbriche e questo non ci fa onore. Quanto è importante che nelle nostre scuole e nelle nostre comunità ci si faccia promotori con più convinzione del valore della pace e della nonviolenza. Non dimentichiamo il comandamento “Non uccidere”, anche in tempo di guerra.
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