Il male c’è ma non prevarrà
Jab sinistro, montante destro, gancio sinistro. Una sequenza pugilistica che può mettere chiunque knockout (ko) sul ring, soprattutto se anticipata da tutta una serie di colpi interlocutori. Fuori di metafora, è quello che in queste settimane molti hanno percepito sulla propria carne...
Jab sinistro, montante destro, gancio sinistro. Una sequenza pugilistica che può mettere chiunque knockout (ko) sul ring, soprattutto se anticipata da tutta una serie di colpi interlocutori. Fuori di metafora, è quello che in queste settimane molti hanno percepito sulla propria carne, con una serie di colpi che rischiano di mettere in seria difficoltà la speranza di ogni persona, di essere vere e proprie pietre di inciampo (skándalon) nel cammino di fede. Miane (Treviso), Traversetolo (Parma), Vago di Lavagno: tre luoghi, tre drammi, tre duri colpi con l’ultimo che – anche per vicinanza geografica di tutti e per conoscenza diretta di molti –, rischia di essere da vero ko. Senza contare, appunto, una serie di pugni che sembra essere infinita.
Come si può comportare un cristiano davanti a questo? Può innanzitutto far memoria che la Bibbia non finge che non ci sia il male, ma anzi lo presenta come una sorta di costante – praticamente dalla prima all’ultima pagina – e in tutte le sue forme, anche le più drammatiche e che rischiamo di pensare “solo di oggi”. Essa, poi, non si perde in chiacchiere, non cerca motivazioni, giustificazioni, spiegazioni al male, ma afferma – questo sì – che il male è sconfitto dal bene, che esso non ha la stessa forza e soprattutto che non è destinato a durare in eterno, a differenza dell’amore.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica, poi, ci ricorda che “talvolta Dio può sembrare assente ed incapace di impedire il male. Ora, Dio Padre ha rivelato nel modo più misterioso la sua onnipotenza nel volontario abbassamento e nella Risurrezione del Figlio suo, per mezzo dei quali ha vinto il male” (n. 272). Qualche numero dopo, prendendo sul serio la domanda del perché esista il male, afferma che Dio, “rispettando la libertà della sua creatura, lo permette e, misteriosamente, sa trarne il bene” (n. 311) come emerge in modo massimo dal fatto che i più grandi beni del Padre – la glorificazione di Cristo e la redenzione dell’umanità – partono “dal più grande male morale che mai sia stato commesso, il rifiuto e l’uccisione del Figlio di Dio” (n. 312). Questo, lo capiremo pienamente solo alla fine, nel “riposo di quel girA dalla prima Sabato definitivo, in vista del quale (Dio) ha creato il cielo e la terra” (n. 314) e verso cui siamo chiamati a camminare come “pellegrini di speranza” e come “raccoglitori di luce”.
La prima è espressione di papa Francesco, che nella Spes non confundit, la Bolla di indizione del Giubileo ordinario dell’anno 2025, invita i cristiani a “porre attenzione al tanto bene che è presente nel mondo per non cadere nella tentazione di ritenerci sopraffatti dal male e dalla violenza”; ad affidarsi al Signore Gesù come all’àncora – l’unica – che offre stabilità e sicurezza “in mezzo alle acque agitate della vita”; e ad essere animatori di speranza mentre “incontriamo spesso persone sfiduciate, che guardano all’avvenire con scetticismo e pessimismo”.
Raccogliere luce è la modalità e lo stile che il vescovo Domenico, nella lettera pastorale Sulla luce, chiede di vivere alla Chiesa di Verona perché solo in questo modo si impedisce che avanzino la notte del mondo, l’oscurità delle guerre e della violenza.
Il resto è affidato al silenzio e alla preghiera, la quale “porta davanti al Padre tutta la miseria del mondo” e attraverso la quale la Chiesa “anticipa nell’umiltà della fede la ricapitolazione di tutti e di tutto in colui che ha ‘potere sopra la Morte e sopra gli Inferi’ (Ap 1,18)”.
Luca Passarini
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