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Il coraggio e la sfida

Oltre 2mila giovani under 35, collegati da 120 Paesi di tutti i 5 continenti; più di 23mila gli utenti; 45mila le visualizzazioni. Sono i numeri dell’evento che ha visto giovani studenti, economisti, imprenditori, manager convocati virtualmente ad Assisi da Papa Francesco per l’evento “Economy di Francesco”, svoltosi dal 19 al 21 novembre scorsi

Parole chiave: Economy di Francesco (1), Papa Francesco (121)

Oltre 2mila giovani under 35, collegati da 120 Paesi di tutti i 5 continenti; più di 23mila gli utenti; 45mila le visualizzazioni. Sono i numeri dell’evento che ha visto giovani studenti, economisti, imprenditori, manager convocati virtualmente ad Assisi da Papa Francesco per l’evento “Economy di Francesco”, svoltosi dal 19 al 21 novembre scorsi.
“Non siamo condannati a modelli economici che concentrano il loro interesse immediato sui profitti come unità di misura ignorando il costo umano, sociale e ambientale”. È la sintesi del messaggio finale di papa Francesco. Una delle pochissime voci che, nel contesto attuale, sollecita con forza un cambiamento di rotta degli assetti economici e sociali. Particolarmente significativo che questa sfida, il Papa la rivolga ai giovani. E chiede loro di sottoscrivere un ‘patto’ per un nuovo modello economico. “È tempo, cari giovani economisti, imprenditori, lavoratori e dirigenti d’azienda, di osare. Di favorire e stimolare modelli di sviluppo, di progresso e di sostenibilità in cui le persone, e specialmente gli esclusi, siano protagonisti. Niente scorciatoie, è il tempo di essere lievito, bisogna sporcarsi le mani”.
Francesco ricorda che “l’attuale sistema mondiale è insostenibile”; per questo ha lanciato ai giovani un forte appello affinché si impegnino in prima persona: “O siete coinvolti o la storia vi passerà sopra”. La gravità della situazione attuale che la pandemia del Covid ha fatto risaltare ancora di più, esige una responsabile presa di coscienza di tutti gli attori sociali; e i giovani hanno un ruolo primario: “Le conseguenze delle nostre azioni e decisioni vi toccheranno in prima persona, pertanto non potete rimanere fuori dai luoghi in cui si genera, non dico il vostro futuro, ma il vostro presente”. E allora è indispensabile far crescere e sostenere gruppi dirigenti capaci di elaborare cultura, avviare processi, cambiare gli stili di vita, umanizzare i modelli di produzione e di consumo, trasformare le strutture consolidate di potere che oggi reggono le società. Senza l’avvio di questi processi, non ci sarà cambiamento.
Il Papa lo ricorda anche nella conclusione del messaggio ai giovani idealmente riuniti ad Assisi: “Nessuno si salva da solo, c’è un compito comune, una vocazione che attraverso la cultura, deve farsi patto”. Non basta accrescere la ricchezza perché sia equamente ripartita e non basta promuovere la tecnica perché la terra diventi più umana da abitare. È l’umanità la misura dello sviluppo: misura che si determina essenzialmente nel rapporto con la sofferenza e col sofferente.
Passata la crisi sanitaria, la peggiore reazione sarebbe di pensare che tutto torni come prima e cadere ancora di più in una febbrile corsa al consumo e a nuove forme di autoprotezione egoistica. Da una crisi mai si esce uguali – afferma Francesco – ma ne usciamo meglio o peggio. Tornare “alla mistica del bene comune” e “incontrarsi al di là di tutte le legittime differenze”, è il passo determinante “per qualsiasi trasformazione che aiuti a dar vita a una nuova cultura e mentalità economica, politica e sociale”. Quella dell’incontro si costruisce dialogando, pensando, discutendo e creando, “secondo una prospettiva integrale e poliedrica”.
Di questa integralità e multiformità del bene comune – dimensioni che sono specifiche della Dottrina sociale – la Chiesa è custode. Contro ogni forma di strumentalizzazione, ipocrisia e coercizione. Anche a Verona.

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