Editoriale
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Il coraggio di giocare e di dire no

Iniziato il tempo di Avvento, propizio per rimettere in sesto la nostra vita spirituale prima di accostarci alla festa del Natale del Signore, ci accorgiamo che le operazioni per cercare di rimettere in sesto i conti economici sono iniziate da tempo, insieme con l’accensione delle luminarie che, almeno nelle intenzioni dei commercianti, dovrebbero mettere allegria e voglia di comprare.

Parole chiave: Editoriale (407), Stefano Origano (141), Avvento (11)

Iniziato il tempo di Avvento, propizio per rimettere in sesto la nostra vita spirituale prima di accostarci alla festa del Natale del Signore, ci accorgiamo che le operazioni per cercare di rimettere in sesto i conti economici sono iniziate da tempo, insieme con l’accensione delle luminarie che, almeno nelle intenzioni dei commercianti, dovrebbero mettere allegria e voglia di comprare. In tutto questo niente di nuovo, ma quest’anno l’inizio dell’Avvento è stato segnato anche da un paio di fatti di cronaca che, in gergo giornalistico, vengono definiti “di colore”: mi riferisco a due bambini che sono balzati agli onori della cronaca facendo cose che noi grandi abbiamo disimparato, purtroppo, ma che forse da piccoli abbiamo fatto anche noi: e cioè giocare anche quando ci si trova in un serissimo momento di ufficialità e gridare ad alta voce “no”, di fronte a una cosa che riteniamo palesemente ingiusta. Mi riferisco al bambino che, incurante della mamma che cercava di trattenerlo, si è lanciato “senza pudore” sul palco dove papa Francesco stava facendo un discorso, attratto dalla divisa sgargiante e da uno strano arnese tenuto in mano dalla guardia svizzera (dicesi alabarda). La seconda scena è quella della bambina veneziana che quando le troppo caute maestre hanno tolto dalla canzoncina per la recita natalizia la strofa su Gesù, ha organizzato una raccolta di firme per ripristinare il testo originale. Anche se in quest’ultima vicenda mi pare di capire che ci stato un “aiutino” da parte degli adulti, rimane la convinzione che i bambini riescano con il loro candore a smontare le più antiche regole del protocollo vaticano, tanto quanto dissolvere certe false paure sul rispetto delle differenze. Ma tutto questo mi fa venire in mente un altro fatto in cui senza volerlo sono stato protagonista io stesso. Mi trovavo in vacanza dai nonni, ed ero molto piccolo, naturalmente siamo andati alla “Messa prima” e non so a che ora fosse, ricordo solo che c’era ancora buio. Venni completamente assorto dall’ascolto della lettura tratta dal primo Libro dei Re in cui si racconta del re Salomone dinanzi al quale furono condotte due donne che si contendevano un figlio dicendo ciascuna che era suo. Quando il racconto arrivò al punto in cui Salomone pronuncia la sentenza: “Allora il re ordinò: «Prendetemi una spada!”. Portarono una spada alla presenza del re. Quindi il re aggiunse: «Tagliate in due il figlio e datene una metà all’una e una metà all’altra», io mi alzai di scatto dal banco è gridai forte: «No, non si può!». Immaginatevi lo stupore della gente che un po’ sonnolenta seguiva la celebrazione difronte a questo bambino che interrompeva una celebrazione sacra. Ora, a distanza di anni mi viene da pensare che forse ero l’unico sveglio in quella celebrazione... Mi scuserete il riferimento ad un fatto personale, ma credo che per arrivare ad accogliere il Bambino che viene a portare la pace nel mondo, dovremmo ritrovare un po’ di ingenuo coraggio, rompere qualche protocollo ingessato e soprattutto dire dei sacrosanti “no”. Ah, al termine della Messa il parroco mi offrì un pezzo di cioccolato...

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