Tra operosità e contemplazione
Papa Francesco nella sua esortazione sulla santità invita a mettere insieme l’attività del cristiano con la necessità di alcune soste di carattere spirituale. Precisa anzitutto che il cristiano è chiamato a contribuire alla edificazione del Regno di Dio proprio nel suo agire da cristiano nella ferialità.
Papa Francesco nella sua esortazione sulla santità invita a mettere insieme l’attività del cristiano con la necessità di alcune soste di carattere spirituale. Precisa anzitutto che il cristiano è chiamato a contribuire alla edificazione del Regno di Dio proprio nel suo agire da cristiano nella ferialità. Egli si impegna a vivere con Cristo a costruire il regno dell’amore, della giustizia e della pace, con tutti i sacrifici connessi. Papa Francesco non esita a precisare: “Pertanto non ti santificherai senza consegnarti corpo e anima per dare il meglio di te in tale impegno” (GE 25). Di conseguenza, una persona può dirsi cristiana se agisce senza compromessi e annacquamenti, senza riservarsi risorse e tempi per i propri capricci.
Perciò non va equivocato il paragrafo successivo nel quale afferma: “Non è sano amare il silenzio ed evitare l’incontro con l’altro, desiderare il riposo e respingere l’attività, ricercare la preghiera e sottovalutare il servizio” (GE 26). Si tratta evidentemente di atteggiamenti e comportamenti presi come alibi rispetto ai propri doveri che implicano l’agire. Di fronte ai propri doveri operativi non si possono addurre scuse. La cosa migliore è quella di “vivere la contemplazione anche in mezzo all’azione” (GE 26). Di conseguenza, non va mai dimenticato che “ci santifichiamo nell’esercizio responsabile e generoso della nostra missione” (ivi). In effetti, la dedizione pastorale e l’impegno nel mondo non debbono essere sentiti e vissuti come “una distrazione nel cammino della santificazione e della pace interiore” (GE 27). Sono parte intrinseca della propria missione nel mondo. Tutto, ovviamente va vissuto con spirito evangelico, in modo da essere occasione di santificazione. “Un impegno mosso dall’ansietà, dall’orgoglio, dalla necessità di apparire e di dominare” (GE 28) non è invece ispirato da spirito evangelico.
Restano comunque necessari “i momenti di quiete, solitudine e silenzio davanti a Dio” (GE 29). L’uomo ha bisogno di fermarsi dalle proprie occupazioni feriali, di sostare in modo adeguato per ricaricarsi spiritualmente. Solo nel silenzio si è nella condizione di ascoltare la voce di Dio. Ciò significa che anche i tempi liberi da occupazioni non vanno interamente occupati da internet, viaggi, consumismo, alla ricerca di piaceri epidermici e di rumori (cfr. GE 29). Perché nel nostro animo non prevalga l’inquietudine e l’insoddisfazione di chi naviga a vista senza sapere per chi e per che cosa si vive, “abbiamo bisogno di fermare questa corsa febbrile per ricuperare uno spazio personale, a volte doloroso ma sempre fecondo in cui si intavola un dialogo sincero con Dio” (GE 29). Ci sono certi momenti della vita, nei quali proprio sperimentando l’abisso della solitudine, costretti a guardare in faccia la verità di se stessi, il nostro cuore si fa grido di soccorso a Dio (cfr. ivi). E si riparte non solo confortati ma anche più motivati nell’agire quotidiano.
Proprio il contatto con Dio, in un clima di silenzio, ci rifornisce infatti di nuove risorse per un impegno in grande nell’assolvimento della nostra missione nel mondo. Al contrario, la pura ricerca di evasione nei piaceri effimeri indebolisce anche il senso dell’impegno nei doveri quotidiani e nel servizio agli altri (cfr. GE 30). Molto bello è quanto scrive papa Francesco a conclusione di questo argomento: “Ci occorre uno spirito di santità che impregni tanto la solitudine quanto il servizio, tanto l’intimità quanto l’impegno evangelizzatore, così che ogni istante sia espressione di amore donato sotto lo sguardo del Signore. In questo modo tutti i momenti saranno scalini nella nostra via di santificazione” (GE 31).
Non sei abilitato all'invio del commento.
Effettua il Login per poter inviare un commento