L’efficacia della preghiera perseverante e fedele
Luca 18,1-8
In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai: «In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”. Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”». E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».
C’è una frase del Vangelo odierno, che interroga le nostre coscienze: “Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?”. È un invito che l’evangelista Luca rivolge a chi desidera andare un po’ a fondo nel proprio cammino di fede. È la domanda a cui è doveroso, come cristiani, dare una risposta personale, legandola al nostro cammino quotidiano. Diffuso è l’atteggiamento del giudice autosufficiente, e nessuno è esente dal rischio di sentirsi forte e sicuro nelle proprie piccole o grandi sicurezze. Vivere “senza riguardo per alcuno”, senza il timore di Dio, non è poi così distante da ciò che osserviamo guardandoci attorno. Una società disgregata, in cui chi vive nella sofferenza fisica, morale, sociale, fatica ad essere accolto, sostenuto, compreso. Una società in cui chi è debole rischia l’emarginazione, e nella quale diventa fondamentale esprimere energie sufficienti per risalire la china con le proprie forze, senza aiuto. Basti pensare alle persone detenute, a quelle finite sulla strada per debolezza, a quelle fuggite dalle proprie terre per la fame e la guerra; agli anziani oggi non più efficienti, alle persone disabili, non sufficientemente produttive… e gli esempi potrebbero essere ancora molti.
Anche noi cristiani siamo pienamente dentro questa dimensione sociale, ne facciamo parte, e talvolta possiamo divenirne artefici. Lo sconcerto nasce da una cultura che si è diffusa gradualmente, dove il denaro è il “culto” attorno al quale costruire la propria esistenza: il benessere personale e di quelli a noi più vicini è l’obiettivo prioritario del nostro agire. La certezza del primato e del risultato va al di sopra di ogni valore sociale e comunitario. Non è sempre facile scuoterci da questa dimensione e riportare al centro della propria vita Dio, il valore escatologico del nostro vivere. Oggi, più che mai, siamo chiamati a dare una risposta concreta all’esortazione che l’evangelista Luca pone nel Vangelo odierno: “Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?”. Perché è solo ponendo Cristo al centro del nostro cuore che riusciremo a trovare risposta al quesito, che riusciremo a riportare, qui ed ora, l’amore solidale, la compassione per il fratello, l’accettazione del diverso. Un cuore ricolmo di fede in Dio, è un cuore che non può accogliere la violenza fisica e morale, che non accetta il primato del benessere di pochi, a scapito dei più. Solo così potremmo comprendere ed accogliere il messaggio: “Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente”. Siamo chiamati ad essere le mani, le braccia, il cuore di Dio; siamo chiamati a dare forza a questa certezza, a dare suono a queste parole così chiare ed inequivocabili!
Per riuscire in questa missione, difficile ed impegnativa, abbiamo un solo ed unico modo: la preghiera, l’orazione, la vita sacramentale, la condivisione fraterna nella chiesa e nella vita di ogni giorno. Lo spazio che dedichiamo al Signore è ossigeno che permette di affrontare il quotidiano con forza e serenità. L’evangelista Luca ci invita, come Cristo ha fatto negli istanti decisivi della sua missione, a perseverare con fedeltà nella preghiera: “Bisogna pregare sempre, senza stancarsi mai… Gli eletti invocano Dio giorno e notte (vv. 1 e 7). Il punto culminante della parabola è la certezza che di fronte alle preghiere insistenti della povera vedova, Dio farà giustizia. Se il giudice cattivo si lascia alla fine convincere dalla preghiera della donna, tanto più Dio, Padre buono, esaudirà le preghiere dei suoi fedeli. La certezza dell’ascolto e della paternità di Dio sono la radice della preghiera e la certezza della giustizia. Nell’udienza generale del 25 maggio scorso, papa Francesco, commentando questa parabola, tra le altre cose, ha detto: «La preghiera non è una bacchetta magica! Essa aiuta a conservare la fede in Dio ad affidarci a Lui anche quando non ne comprendiamo la volontà. In questo, Gesù stesso – che pregava tanto! – ci è di esempio…Ecco cosa fa la preghiera: trasforma il desiderio e lo modella secondo la volontà di Dio, qualunque essa sia, perché chi prega aspira prima di tutto all’unione con Dio, che è Amore misericordioso».