Giovanni, il battezzatore annuncia la venuta del Messia
Marco 1,1-8
Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio. Come sta scritto nel profeta Isaìa: «Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero: egli preparerà la tua via. Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri», vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati.
Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».
La liturgia della seconda domenica di Avvento propone la lettura dell’inizio del vangelo più antico, quello di Marco. Il termine con cui l’opera comincia è, appunto, inizio (in greco archè) e riprende lo stesso lemma con cui si apre Genesi, il primo libro dell’Antico Testamento. Già da questo elemento si può cogliere l’intenzione del narratore di presentare ciò che segue come un nuovo inizio, una nuova storia che viene inaugurata con un lieto annuncio riguardante Gesù, Messia, Figlio di Dio. Per Marco quanto è stato narrato nel Primo Testamento è compiuto e ora è giunto il momento del tempo messianico, in cui la venuta di Dio nella storia degli uomini si attua nella persona di Gesù Cristo. Tale accadimento non è una casualità, ma è già stato scritto nella storia del popolo di Israele nelle Scritture, soprattutto attraverso le parole dei profeti. Affiancando il concetto di “inizio del vangelo” alla citazione profetica, Marco attesta che l’inizio a cui si sta assistendo trae origine da una parola detta e scritta in precedenza; è come se l’autore affermasse che, proprio come profetizzato da Isaia, ora prende avvio la lieta notizia.
La citazione che segue il primo versetto, solitamente chiamato titolo, è articolata poiché la parte che annuncia il messaggero inviato davanti al Signore riprende quanto scritto nel libro dell’Esodo (Es 23, 20) e nella profezia di Malachia (Mal 3,1), mentre il riferimento alla voce che grida nel deserto proviene dal testo di Isaia (Is 40,3). Il riportare tali passi della Scrittura permette al lettore di conoscere il ruolo che Giovanni Battista ha prima ancora che questi faccia la sua comparsa sulla scena. Il cugino del Messia è identificato come il precursore, la voce che parla nel deserto, il messaggero incaricato di preparare la strada al Signore, cioè a Gesù.
Ciò che identifica l’opera di Giovanni è l’elargizione del battesimo, un rito già conosciuto a quel tempo, che prevedeva l’immersione nell’acqua di una persona e la successiva riemersione. Il significato simbolico è piuttosto evidente: l’immersione rappresenta la morte del passato, mentre la riemersione dall’acqua la nascita ad una vita nuova. Questa procedura veniva utilizzata anche per rimettere in libertà uno schiavo: l’immersione stava ad indicare il termine della sua soggiogazione, mentre la successiva riemersione l’inizio della sua esistenza come uomo libero. Quello di Giovanni è un battesimo di conversione che necessita di un cambio autentico di comportamento in vista del perdono dei peccati. Marco sottolinea il fatto che tutto si svolge presso il fiume Giordano, ossia quel corso d’acqua che aveva segnato l’ultimo passaggio degli ebrei usciti dall’Egitto, in cui erano schiavi, prima di entrare nella terra promessa, quasi a voler alludere che anche ora coloro che si recano dal Battista stanno cercando una nuova libertà e un nuovo modo di vivere l’Alleanza con il Signore.
La descrizione che viene fatta di Giovanni permette all’orecchio attento di assimilarlo a Elia, l’annunciatore della fine dei tempi e del giudizio di Dio. Gli abiti di peli di cammello, la cintura di pelle, il cibo essenziale di cui si nutre sono tutti elementi che suggeriscono l’affiancamento del Battista all’esperienza ascetica dei profeti e alla figura di Elia. Se il profeta è colui che parla per conto di Dio, si evince che l’evangelista mentre procede a presentare la figura di Giovanni, di fatto, mette in risalto la persona che quest’ultimo va ad annunciare e la sua grandezza. Colui che deve venire, infatti, appartiene ad una categoria talmente differente che il Battista afferma di non essere neppure degno di piegarsi per slegargli i sandali, tipico gesto riservato allo schiavo e precluso al discepolo nei confronti del maestro. L’importanza della figura dell’uomo che battezza con acqua è data, quindi, dal suo essere del tutto proteso ad annunciare e ad indicare un altro. In quanto precursore egli ha come compito e missione quello di preparare il terreno al Cristo, già presente ma non ancora conosciuto.
Dal punto di vista narrativo, infine, è interessante notare come il vangelo di Marco presenti una sorta di parallelismo: all’inizio dell’opera si trova la descrizione di Giovanni, vestito di peli di cammello che proclama la venuta di Gesù, mentre alla fine del Vangelo si narra di un giovane vestito di bianco mentre annuncia Gesù che precede i discepoli in Galilea per proclamare la lieta notizia. L’opera di Marco, quindi, sembra avere un andamento circolare per cui al lettore che è giunto alla fine non resta che riprendere il testo dall’inizio e cominciare di nuovo il suo percorso di sequela dietro a Cristo. Ed è esattamente ciò che ciascun credente è chiamato a fare anche oggi, seconda domenica di Avvento, perché la parola di Dio, anche se conosciuta, non smette mai di parlare al cuore.
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