«Sono venuto a gettare fuoco sulla terra»
XX domenica del Tempo Ordinario
Luca 12,49-53
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto! Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. D’ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera».
«Corriamo con perseveranza nella corsa…tenendo fisso lo sguardo su Gesù». (Eb 12,1.2)
Nel brano di Vangelo di oggi si possono individuare due piccole parti ed entrambe gettano nuova luce sulla persona di Gesù attraverso delle espressioni, abbastanza inconsuete, attribuite a Gesù stesso. La prima parte del discorso è introdotta da un’espressione frequente sulla bocca di Gesù: “Sono venuto”, che serve a introdurre una dichiarazione con la quale egli indica lo scopo della sua missione. Egli qui sta dunque per dire una cosa importante, sta aggiungendo un altro particolare che permetta di capire a quale fine è venuto sulla terra e sta portando avanti la sua missione. La parola fondamentale di questa dichiarazione è “fuoco”, che nel linguaggio profetico è legato alla realizzazione del giudizio finale (il cosiddetto senso escatologico).
Il fuoco è elemento distruttivo impiegato nei castighi (vedi la distruzione di Sodoma) e nello stesso tempo è un elemento purificatore (vedi ad esempio Isaia 1,25: “Purificherò come in un forno le tue scorie”). Questi due aspetti si addicono anche al giudizio di Dio, che non vuole eliminare il malvagio insieme al male, ma purificarlo in vista di un nuovo inizio di salvezza. La prima parte del breve Vangelo di oggi potrebbe quindi indicare il desiderio ardente di Gesù di vedere il male superato attraverso il giudizio di Dio che purifica e salva. E tenuto conto che il termine “fuoco” è legato anche alla Parola di Dio (“Farò delle mie parole come un fuoco” Ger 5,14) si può ritenere chiaramente che l’aspettativa di Gesù sia che il suo messaggio (la sua Parola) trovi presto larga diffusione.
È soprattutto, però, da tener presente che negli scritti di S. Luca la parola “fuoco”, in alcuni passi, è in collegamento con lo Spirito Santo. Giovanni Battista in Lc 3,16, secondo il suo stile forte, avrebbe previsto, per opera del Messia, il giudizio di Dio estirpatore del male (“Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco”). Gesù, però, nel libro degli Atti degli apostoli riprende la promessa del Battista ponendola nella prospettiva della Pentecoste: «Giovanni battezzò con acqua, voi invece, tra non molti giorni sarete battezzati in Spirito Santo». Le due prospettive del giudizio di Dio e della diffusione della Parola non sono in contraddizione, anzi, grazie allo Spirito, il giudizio non sarà pura distruzione ma inizio di una nuova creazione. Portare il “fuoco” sulla terra vuol dunque dire per Gesù effondere lo Spirito Santo come realizzazione del giudizio purificatore di Dio e forza animatrice della diffusione del suo messaggio.
L’altro ardente desiderio che Gesù rivela nella prima parte del nostro brano evangelico riguarda una realtà che si nasconde dietro la parola “battesimo”; possiamo comprenderne il significato facendo riferimento a quanto dice S. Marco nel suo Vangelo: «Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?» (Mc 10,38). Non vi è dubbio che la parola “calice” stia a indicare la passione di Gesù e la sua morte in croce. Il battesimo che Gesù è in ansia di ricevere è dunque l’immersione (il battesimo) nella sofferenza. Il detto di Gesù equivale perciò a un annunzio di passione.
Col versetto 51 inizia la seconda parte del brano evangelico di oggi: «Pensate che io sia venuto a portare pace sulle terra? No, vi dico, ma divisione». Qui Gesù sembra contraddirsi con quanto indicato ai settantadue, mandandoli in missione: «In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi» (Lc 10, 5-6) e in tanti altri brani del vangelo di Luca in cui la pace è cantata, annunciata, promessa…
In che senso la venuta di Gesù introduce nel mondo umano la divisione? Anche se sorprendenti, le parole di Gesù, soprattutto quelle che propongono le divisioni in famiglia, affermano una verità chiara: davanti alla persona e all’azione di Gesù gli uomini sono costretti a prendere posizione pro o contro. In questo senso la venuta di Gesù introduce nel mondo umano la divisione. Anche se il Messia biblico è un principe di pace, Gesù non porta una pace a buon mercato, senza tensioni o lacerazioni (Lc 2,14). Egli mette fine agli illusori annunci di pace fatti dai falsi profeti (vedi in particolare Mic 2,5-11).
La pace di Gesù è frutto di una scelta che provoca contrasti e conflitti a partire dai rapporti familiari e questa è l’esperienza della prima Chiesa che conferma la parola di Gesù.Egli vuole gettare luce su questo scandalo della divisione, affinché non venga vissuto come una contraddizione senza controllo, ma perché anch’esso venga collocato sotto la sovranità di quella Parola che apre alla speranza e semina pace anche in situazioni inattese e imbarazzanti.
Che cosa dice questo brano di vangelo alla nostra vita personale e comunitaria? Certamente ci interroga su quanto ci facciamo prendere dalla forza della parola di Dio e quanto la testimoniamo nella nostra vita personale e di comunità di fede. Ci interroga su quale spazio diamo all’azione dello Spirito Santo. Ci interroga, infine, sul senso che diamo alle divisioni presenti nel nostro ambiente. Sono generate dalla scelta o dal rifiuto del Signore o sono frutto dei nostri egoismi, delle nostre gelosie, dei nostri rancori, dei nostri pregiudizi…?
Non sei abilitato all'invio del commento.
Effettua il Login per poter inviare un commento