Cristo è con la sua Chiesa e la salva da ogni tempesta
Matteo 14,22-33
[Dopo che la folla ebbe mangiato], subito Gesù costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla. Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo. La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?». Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!».
Il lago in questione ha quattro diversi nomi: Kinneret che in ebraico significa “arpa” in riferimento alla forma della costa; Gennesaret come il villaggio nato (e poi scomparso) nelle immediate vicinanze; Tiberiade scelto da Erode Antipa per onorare l’imperatore Tiberio Claudio Nerone che costruì nel 20 dopo Cristo sulle sue sponde una nuova città, Galilea come il nome della regione in cui si trova. È un lago mediamente poco profondo, con una circonferenza di poco più di cinquanta chilometri. L’immissario e l’emissario portano lo stesso nome: Giordano. Riceve le acque che scendono dal massiccio del monte Hermon. Sono proprio gli improvvisi e forti venti che arrivano da questo monte a creare seri problemi ai pescatori che, solitamente di notte, escono al centro del lago per lanciare con maestria le reti.
In tale lago, che si trova a duecento metri sotto il livello del mare, accade l’episodio della tempesta sedata, che segue immediatamente il miracolo della moltiplicazione dei pani. Al termine della condivisione del pasto, Gesù, dopo una pausa di preghiera, ordina perentoriamente ai suoi di raggiungere l’altra sponda in barca, dove Egli arriverà successivamente. Per i discepoli in pochissimo tempo tutto cambia: passano dall’esperienza paradisiaca di condivisione del pane moltiplicato al concreto rischio di annegare. La loro barca è sballottata per ore dai flutti impetuosi e dal vento turbinoso, fin quasi alle prime luci dell’alba.
Tutto di nuovo cambia quando i discepoli vedono una sagoma avvicinarsi. Ritenendola un fantasma, si disperano. In verità è Gesù, che li rassicura. Pietro gli chiede di andargli incontro, ma è tanto precipitoso da spaventarsi a morte. Gesù lo afferra per mano e lo rimprovera per la fede debole. Arriva finalmente la bonaccia. Gli apostoli riconoscono che sono stati salvati da Gesù. Il drammatico episodio si conclude con l’insperata salvezza.
L’episodio è stato accolto e riletto già nelle comunità della prima e seconda generazione di cristiani come un solenne invito ad affidarsi senza esitazioni al Maestro: come lui ha salvato la barca dei discepoli nel ventre del lago, così è in grado, da Risorto, di salvare la sua Chiesa, immaginata – recuperando un simbolo già presente nell’arte marinara – come una grande nave che veleggia nel mare del mondo. Nel simbolismo della Chiesa-nave, che a poco a poco prende piede nella riflessione dei cristiani e dei teologi, si immagina che la Chiesa, recuperando i temi della tempesta sedata, viva nella storia nel continuo confronto con venti impetuosi, ovvero con forze avverse che a volte sembrano avere la meglio. Si replicano in tale navigazione nei secoli i sentimenti di angoscia, di paura e di panico, col rischio di poter finire nel mare, che nella visione biblica è uno dei simboli per eccellenza del male. I cristiani sull’unica barca sperimentano al loro interno le consuete difficoltà di relazione e comunione, e contemporaneamente si sentono minacciati da fuori, attaccati da elementi ostili e diabolici, che possono trascinarli sul fondo. La minaccia prende più piede se si immagina che il Signore sia assente o non possa far nulla. In verità Cristo è presente, per dare salvezza. Dunque, la Chiesa non deve essere sopraffatta da timori eccessivi. Cristo ha la potenza divina di sottomettere a sé anche le forze più temibili.
La barca-Chiesa fa pensare alla comunità dell’Esodo che attraversa il mare e poi il deserto. Come gli ebrei sono accompagnati dalla gloria di Dio, che appare sotto forma di nube luminosa, così la comunità dei credenti è accompagnata dal Cristo rivestito dalla luce della risurrezione. Nuovi pericoli e nuove insidie potranno affacciarsi nel tempo e nei luoghi più diversi, ma la Chiesa non ha nulla da temere, se si lascia guidare dal suo Signore.
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