Tematiche di forte impatto ma con alcuni punti deboli
Non odiare
(Italia/Polonia, 2020)
Regia: Mauro Mancini
Con: Alessandro Gassmann,
Sara Serraiocco, Luka Zunic
Mentre è impegnato nella sua pratica sportiva preferita un medico assiste ad un incidente. Un automobile sbatte contro l’altra. L’investitore fugge. L’investito è in fin di vita. Il medico chiama i soccorsi ed inizia a prodigarsi per prestare i primi aiuti al ferito. Si accorge però che l’uomo ha il corpo pieno di tatuaggi con simboli nazisti. Il medico sospende il suo intervento di assistenza. L’uomo muore.
Questo è l’inizio, preceduto da un prologo sull’infanzia del protagonista, della vicenda che racconta i tormenti di Simone Segre (Alessandro Gassmann), medico chirurgo di origine ebraica, e quelli della famiglia del defunto: la figlia Marica (Sara Serraiocco), il figlio diciassettenne Marcello (Luka Zunic), che ha ereditato in pieno le convinzioni fasciste del genitore, il piccolo Paolo (Lorenzo Buonora).
Presentato all’ultimo Festival di Venezia, Non odiare è opera prima del regista Mauro Mancini, che l’ha sceneggiato insieme a Davide Lisino.
Sia per il titolo che per le tematiche che per il lavoro di fotografia di Mike Stern Sterzynski, l’opera potrebbe rimandare al grande magistero di Krzysztof Kieslowski e, in particolare, al trattamento che il regista polacco fece dei Dieci comandamenti.
Si discute qui, infatti, del conflitto tra etica professionale e radici culturali, di rapporto con il padre (sia quello di Simone Segre che quello dei ragazzi, scopriremo nel corso della visione, sono stati padri con gravi lacune umane e di presenza educativa), di pentimento e redenzione. Temi profondissimi, che avrebbero forse meritato una trattazione meno acerba.
Mentre i punti di forza del film stanno in una recitazione molto sorvegliata e intensa, soprattutto nella vera rivelazione rappresentata da Sara Serraiocco; nella livida fotografia di Sterzynski; nell’ambientazione urbana di una Trieste tutt’altro che oleografica e scontata, i punti deboli, purtroppo, non mancano. Tra questi, e sono limiti non da poco, un insufficiente approfondimento della psicologia dei personaggi e una sceneggiatura che pare sempre esitare e che sceglie in alcuni passaggi soluzioni anche troppo scontate e prevedibili.
Si tratta comunque di un film che ci interroga, soprattutto se chi lo vede ha ruoli da educatore, ponendoci di fronte a responsabilità nei confronti delle giovani generazioni che troppo spesso rischiamo di trascurare.
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