Mib: occhialuti e tosti, ma triti e ritriti
Men in black: International
(Usa, 2019)
regìa: F. Gary Gray
con: Chris Hermsworth, Tessa Thompson, Liam Neeson, Emma Thompson
durata: 115’
A differenza delle estati degli anni scorsi, nelle quali la desolazione della programmazione cinematografica in sala era a malapena scalfita da qualche ripresa della stagione appena conclusa e dalla solita alluvione di film horror di serie minori, quest’anno qualche timido tentativo di cambiamento delle abitudini c’è stato.
La buona volontà non è mancata, ma non sempre è stata sufficiente.
Un titolo come Men in Black: International, infatti, in altri tempi sarebbe uscito a settembre-ottobre, per la ripresa della stagione distributiva normale (curiosamente, nel nostro Paese, molte attività hanno ancora la sincronia organizzativa con l’anno scolastico). Non è responsabilità dei distributori, certo, purtroppo però la scelta non è stata delle migliori.
All’uscita dalla proiezione di un film come questo, infatti, lo spettatore si chiede sempre non solo perché non abbia impiegato meglio il suo tempo, ma quale sia il senso compiuto di produzioni che hanno a malapena capo e coda.
Siamo arrivati al quarto capitolo, se proprio se ne sentisse il bisogno, di una saga non proprio imperdibile iniziata nell’ormai lontano 1997 col primo film di Barry Sonnenfeld con la coppia Will Smith – Tommy Lee Jones.
Qui la coppia è diversa, pur raccontandosi sempre le vicende della misteriosa e segretissima organizzazione degli Uomini in Nero, che hanno come missione quella di tenere la maggioranza degli esseri umani all’oscuro rispetto all’esistenza di forme di vita aliene (leggenda metropolitana iniziata nell’immediato dopoguerra e ben raccolta, con intelligenza e divertimento, dallo sceneggiatore di storie a fumetti Alfredo Castelli, nella creazione del suo personaggio Martin Mystère).
La nuova coppia si presenta con un doppio prologo. Prima si annuncia il rapporto fra il mentore Agente T (Liam Neeson) e l’allievo Agente H (Chris Hermsworth), con una premessa che anche al più distratto fa già capire tutto di come andrà a finire. Poi si racconta un episodio dell’infanzia di colei che diventerà l’Agente M (Tessa Thompson), che avrà un’influenza decisiva sul resto della sua vita.
Sono trascorsi dieci minuti dall’inizio e il film potrebbe concludersi anche qui.
Il resto è una lunga e quasi insopportabile ripetizione di mille luoghi comuni a causa della quale ogni presunto colpo di scena è prevedibile e stantìo.
La parte visiva e di effetti speciali è di grande qualità, fatto che per una produzione americana di elevato budget è tuttavia il minimo sindacale richiesto.
Si tenta di giocare tutto sul registro dell’ironia, ma neanche quello funziona molto.
Forse su qualche altro pianeta sarebbe un bel film. Sulla vecchia (e rotonda) Terra, certamente non lo è.
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