“La pazza gioia” che commuove
La pazza gioia
(Italia, 2016)
regia: Paolo Virzì
con: Valeria Bruni Tedeschi, Micaela Ramazzotti, Valentina Carnelutti, Bob Messeri
durata: 100’
Giudizio Cnvf: consigliabile/problematico/dibattiti
È un buon periodo per il cinema italiano. Presentato fuori concorso all’ultimo festival di Cannes, il nuovo film di Paolo Virzì risulta essere uno dei migliori del regista e un ottimo segnale per chi pensa ancora che possa continuare ad esistere un cinema che sia, allo stesso tempo, divertente e profondo.
Anche per questo, probabilmente, il regista livornese ha scelto di scrivere la sceneggiatura insieme a Francesca Archibugi, che con i temi trattati in quest’opera ha dimestichezza da tempo, almeno fin dal suo Il grande cocomero (1993). Si parla infatti di malattia mentale, argomento tanto interessante per il cinema italiano (da Matti da slegare, di Agosti, Bellocchio, Petraglia e Rulli del 1975 a Si può fare, di Giulio Manfredonia del 2005) quanto quasi sempre messo in secondo piano, se non persino occultato, dal dibattito sociale e comunicativo.
Beatrice (Valeria Bruni Tedeschi) e Donatella (Micaela Ramazzotti) s’incontrano in una comunità terapeutica in Toscana. Le due donne sono molto diverse. La prima, di origini alto borghesi, è estroversa e logorroica. La seconda, che arriva mostrando di sé un corpo magrissimo quasi da anoressica, ha vita segnata da fatiche e disagi. Gli opposti si attirano, come nella miglior chimica narrativa, e la coppia partirà, con un partir fuggendo che già da solo segna tutta la storia, per una lunga e complicata peregrinazione, dove impareranno a conoscersi e anche il pubblico apprenderà pian piano i particolari delle loro storie individuali.
Forse c’è qualche allusione di troppo a Thelma e Louise (1991) di Ridley Scott, ma là erano le ampie strade degli Stati Uniti a far da contorno, qui, come Virzì sa bene, sono più i paesaggi urbani delle mille contrade d’Italia a potersi prestare al racconto.
Le due interpreti sono magnifiche, ma è tutto il cast che è all’altezza (la stessa Archibugi, praticamente nei panni di se stessa, compare insieme a Jasmine Trinca in un cameo ambientato su un set cinematografico). Come nella miglior tradizione della commedia all’italiana, della quale Virzì è uno degli ultimi e più degni epigoni, si ride in molti momenti e in molti altri ci si commuove, davanti ad un’umanità che spesso non vogliamo vedere e che questo film riporta invece con grande merito alla luce.