Volano all'equatore per ridare il sorriso ai poveri del Ruanda
Tre volontari in spedizione per conto della onlus Smile mission
«Murakoze», grazie. Una semplice parola, il ringraziamento per la fine di un dolore. Non di quelli che mettono a rischio la vita, ma non per questo più facile da sopportare, come sa chi almeno una volta ha patito il mal di denti. «Murakoze», hanno pronunciato 135 pazienti dell’ambulatorio odontoiatrico di Rugege, parte del piccolo centro sanitario di Gatare, in Ruanda. Molti di loro hanno affrontato anche quattro ore di cammino per arrivare all’ambulatorio, che sorge a 2.500 metri di altitudine.
Si sono messi in marcia dopo essere stati avvisati che erano in arrivo gli italiani: volontari affiliati all’associazione Smile Mission, onlus con sede legale a Verona, che dal 2005 si occupa di “solidarietà odontoiatrica internazionale”, ovvero si adopera per fornire assistenza sanitaria accessibile alle popolazioni svantaggiate. Così, lo scorso gennaio a Rugege – zona povera e isolata, situata nella parte sud occidentale del Paese – sono arrivati tre veronesi.
Sono volati da Caldiero all’equatore, mettendosi in viaggio per solidarietà. Per due settimane hanno lavorato nove ore al giorno, visitando quanti più pazienti possibili, in condizioni di fortuna. Nell’ambulatorio odontoiatrico realizzato dall’associazione genovese Komera Rwanda e gestito da una dozzina di suore Figlie del Divino Zelo, con altrettante novizie, mancavano infatti parecchie attrezzature. Ma la carenza di materiali non ha scoraggiato i volontari, anzi: quando l’energia elettrica saltava, con una pila o con la torcia del cellulare si continuava a visitare. «Durante la nostra permanenza abbiamo eseguito 265 interventi, più della metà estrazioni; la poca prevenzione, dovuta a una mancanza di cultura dell’igiene orale e dalle scarsissime possibilità economiche della popolazione, ci ha costretti a togliere molti denti», riporta Paolo Rebonato, dentista alla sua terza missione africana, nonché volontario di lungo corso della Caritas diocesana (da vent’anni, ogni 15 giorni, offre la sua esperienza all’ambulatorio dentistico di lungadige Matteotti). Ad affiancarlo c’erano l’assistente Sonia Scartozzoni, sua collaboratrice, e l’amico volontario Valter Niselli.
Oltre alle estrazioni, sul campo la squadra ha operato diverse otturazioni, pulizie e 29 rilevamenti delle impronte per protesi, che verranno realizzate in Italia e consegnate ai pazienti dai prossimi volontari di Smile Mission, che 3-4 volte l’anno, turnandosi, forniscono assistenza alla popolazione ruandese e a quella di diversi Paesi in via di sviluppo. «Le suore ci hanno accolto in modo caloroso e durante la nostra permanenza abbiamo potuto contare sull’aiuto di una di loro, suor Pauline, in qualità di interprete, per riuscire a comunicare con gli assistiti – aggiunge Niselli –. C’era poi un giovane infermiere del posto, di nome Isidoro, che si occupava della pulizia della sala e ci supportava: per essere lì percorreva ogni giorno un tragitto a piedi di due ore e mezza all’andata e altrettante al ritorno».
Il viavai non è mancato, anche perché gli studi dentistici più vicini si trovano nella capitale Kigali, che dista sei ore di auto (sempre che si abbia la possibilità di muoversi con le quattro ruote). «È soprattutto la povertà diffusa a rendere difficoltose le cure – spiegano i volontari –. Il Ruanda paga ancora il suo passato coloniale e gli strascichi del genocidio fra hutu e tutsi del 1994, che portò a uno sterminio di oltre un milione di persone su poco più di 7 milioni di abitanti». Un fardello pesante, alleggerito in parte dall’ondata di solidarietà di persone che, come i tre veronesi, affrontano vaccinazioni obbligatorie, lunghe pratiche burocratiche e tredici ore di volo per un’idea di solidarietà, ripagata da tanti «murakoze», pronunciati mostrando i denti risanati.
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