Rizza, il bombardamento che non fece alcun danno
Quasi miracoloso l'evento del 1945: da lì una grande festa
Una Festa delle bombe. Già il nome sembra un controsenso. Eppure a Rizza da oltre settant’anni si festeggia un bombardamento avvenuto il 24 febbraio del 1945 che lasciò indenne l’intera popolazione; né morti, né feriti, né danni consistenti, «gnanca na galina!» è l’esclamazione euforica rimasta nell’immaginario collettivo della comunità, pronunciata dal parroco della vicina Azzano (allora Rizza non era ancora una parrocchia) accorso di tutta fretta portando gli oli santi per l’estrema unzione.
Un evento da tutti definito come miracoloso; da lì non solo iniziò la devozione alla Madonna del Perpetuo Soccorso, ma probabilmente fu anche un passaggio-chiave per la creazione di una memoria e di un’identità collettiva che, 15 anni più tardi, avrebbero portato all’istituzione della parrocchia. Allora come oggi, infatti, Rizza è frazione suddivisa fra tre differenti amministrazioni (Verona, Villafranca e Castel d’Azzano) e la comunità si è sviluppata in maniera preponderante attorno alla parrocchia.
Non sono molti i testimoni diretti dell’avvenimento rimasti; tra questi Noemi Xumerle, allora tredicenne: «Quasi ogni mattina e ogni sera passava un aereo solitario per la ricognizione, e per paura si tenevano coperte le lampadine, perché non filtrasse la luce». Ma con le squadre di bombardieri era qualcosa di diverso: «Ricordo il rumore degli aerei che si avvicinavano in formazione, quel rombo cupo che ogni volta incuteva un’inquietudine profonda».
Così è stato anche il 24 febbraio del 1945, nelle prime ore del pomeriggio: «Decisi di salire sul granaio per vedere in lontananza, ma dagli scalini mi ritrovai seduta per terra in un enorme boato». Simile il racconto di quegli istanti dell’amica Irma Ferrarese: «Eravamo in casa e siamo stati sbalzati per terra. Usciti, abbiamo visto il fumo e la polvere alzarsi e ricordo mio padre recarsi verso il centro del paese per capire cosa fosse accaduto».
C’erano nell’abitato alcuni rifugi rudimentali, semplici fosse scavate nel terreno coperte di frasche e rami, utili unicamente a ripararsi da schegge o detriti di un’eventuale esplosione. In molti a quell’ora erano al lavoro nei campi e cercarono un riparo; dalle memorie raccolte c’era anche chi diceva di aver visto distintamente un aereo sganciarsi dalla formazione per puntare su Rizza.
L’esito insperato dell’attacco indusse tutti a gridare al miracolo. Dall’anno successivo si iniziò a celebrare l’avvenimento ogni 24 febbraio, con la Novena alla Madonna, commemorazioni e celebrazioni. «Era uno spettacolo unico», ricorda Lino Compri, che al momento del bombardamento aveva un paio d’anni ma ha chiaro il ricordo dei festeggiamenti degli anni successivi, come del resto tutti gli anziani del paese. «Lungo la via principale si appendevano le bandierine da una casa all’altra, in ogni luogo dove era caduta una bomba si alzava una lunga asta con il tricolore». Era giorno festivo a tutti gli effetti: non si andava a lavorare e pure le scuole erano chiuse. «Da Verona tornavano anche tutti coloro che in tempo di guerra erano stati sfollati a Rizza, li si accoglieva nelle case e nelle stalle ripulite per ripararsi dal freddo e mangiare assieme. Arrivano anche i predicatori da fuori. Ricordo che una volta, negli anni Cinquanta, per la folla presente, il sacerdote decise di svolgere le funzioni nella chiesa nuova, più ampia, che allora era ancora un cantiere. Si allestì alla bell’e meglio un altare e si procedette con la liturgia». La festa venne ridimensionata col passare del tempo, ma pur in maniera più sobria l’avvenimento è ricordato ancora oggi. A farsene carico quest’anno è la locale Associazione nazionale combattenti e reduci in collaborazione con la parrocchia. Lunedì 24 febbraio alle 19 si è celebrata la Messa, quindi la preghiera di ringraziamento alla Beata Maria Vergine del Perpetuo Soccorso, cui è stata intitolata la parrocchia.
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