Quei preti operai che cinquant’anni fa si misero in comunità
di RENZO GASTALDO
Erano in quattro a Ca’ dei Sordi: parla don Luigi Forigo
di RENZO GASTALDO
La Comunità della Madonnina, il prossimo 8 dicembre, tocca quota 50. Tanti sono gli anni nel corso dei quali questa “anomala” esperienza religiosa è stata (ed è tuttora) operativa, e spesso anche incisiva nel territorio di San Giovanni Lupatoto. L’8 dicembre 1973 quattro giovani preti, don Luigi Forigo (di 34 anni), don Piergiorgio Morbioli, don Sergio Carrarini e don Corrado Brutti, tutti di 28 anni, prendono possesso di una casa della corte rurale di Ca’ dei Sordi per vivere un’esperienza, più in linea con il Vangelo, del loro ministero sacerdotale e di una Chiesa di fraternità. La sistemazione logistica per loro l’ha trovata il vescovo Giuseppe Carraro, dopo averli incontrati più volte.
L’obietto del presule è quello, da una parte, di lasciare spazio entro certi limiti a questa spinta innovatrice, e nello stesso tempo trattenere all’interno della struttura ufficiale della Chiesa i quattro scalpitanti sacerdoti. I quattro pretini, infatti, passati attraverso i contenuti totalmente innovativi per la comunità cattolica del Concilio Vaticano II e la ventata per certi versi rivoluzionaria del Sessantotto, si sono posti delle domande esistenziali, soprattutto provenienti da una certa divergenza fra le nuove indicazioni contenute nella parola conciliare rispetto alle direttive della gerarchia ecclesiastica locale. I quattro sono convinti della necessità di leggere e predicare in maniera diversa il Vangelo.
Don Forigo ha collaborato per quattro anni con la parrocchia di Porto di Legnago e ha conosciuto a fondo i problemi della classe operaia e lavoratrice in genere. Gli altri tre sono molto sensibili su questa ed altre tematiche sociali. I giovani preti si sono ritrovati davanti a una serie di principi e di interrogativi. «Il primo era quello di vivere una esperienza di comunità, senza capi e senza leader. Il secondo era quello di avere un lavoro che consentisse di godere di un reddito proprio, senza dover dipendere dallo stipendio diocesano. Il terzo riguardava il Vangelo e il senso delle parole che si rivolgono ai fedeli. Ultimo punto cardinale, la difesa della pace e della non violenza che deve prevalere su tutto e in ogni occasione», ricorda don Forigo. Il vescovo Carraro decide di avallare questa proposta e chiede ospitalità a don Giuseppe Fantoni, al tempo parroco della parrocchia di San Giovanni Battista di San Giovanni Lupatoto (principale comune industriale della provincia) e i quattro sacerdoti trovano posto in una casa colonica vuota della corte Ca’ dei Sordi, di proprietà degli Istituti ospitalieri di Verona. A 150 metri c’è anche il piccolo santuario della Madonnina, che viene affidato ai preti “contestatori”.
«La nostra porta sia di casa sia di chiesa è sempre aperta», fanno sapere i preti operai che hanno tutti trovato lavoro in paese (don Luigi in una industria metalmeccanica, don Sergio e don Piergiorgio al molino Mozzo, mentre don Corrado presta la sua attività in una conceria). La gente del paese piano piano si avvicina. I fedeli frequentatori della comunità arrivano a una cinquantina. Le discussioni riguardano il Vangelo, ma fervono anche su argomenti collaterali al piano politico. Si parla di divorzio e di aborto, con ovvie divergenze di opinione. Con il vescovo Carraro c’è un interscambio continuo, ma su un argomento non si trova il compromesso: i preti operai difendono la possibilità di avere un lavoro, mentre il Vescovo è irremovibile sulla posizione del sinodo dei Vescovi, secondo la quale i sacerdoti non devono avere una propria occupazione.
Il dialogo per alcuni anni si interrompe, «però ci ha voluto al suo capezzale negli ultimi giorni di vita», riferisce don Luigi. Ad un certo punto, nei primi anni Ottanta, due sacerdoti decidono, in tempi diversi, di lasciare la Comunità: don Piergiorgio va in parrocchia al Buon Pastore (oggi è collaboratore del Madonna del Popolo di Villafranca) e don Sergio va a reggere la piccola parrocchia di Bosco di Zevio (ruolo che mantiene tuttora). Dopo alcuni anni, nel 2008 lascia la Comunità della Madonnina anche don Corrado, ritirandosi fra i monti natii di Sant’Andrea di Badia Calavena. Tra abbandoni di preti e scomparsa delle fabbriche storiche dal territorio, la Comunità della Madonnina allenta nel tempo la sua presenza a San Giovanni. Con una sottolineatura che viene da don Luigi: «Nessuno ha mai messo in discussione i quatto principi fondanti che hanno ispirato e guidato la nostra esperienza».
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