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Bardolino. Istituto Tusini, dai salesiani passaggio di testimone ai laici

di LORENZO PADOVANI

Il Centro di formazione professionale a una svolta mantenendo gli stessi progetti

Parole chiave: Istituto Tusini (1), Salesiani (2)
Bardolino. Istituto Tusini, dai salesiani passaggio di testimone ai laici

di LORENZO PADOVANI

L’opera salesiana di Bardolino si rinnova con l’affidamento a un gruppo di laici. L’attuale direttore don Enrico Peretti lo spiega così: «Dentro l’attuale cambiamento d’epoca, come lo chiama papa Francesco, si sono intraviste nuove forme per mantenere la presenza e la forza del carisma salesiano anche nel territorio del Baldo-Garda dove da anni siamo presenti».
Era il 1962, infatti, quando i salesiani sono arrivati nella nuova struttura costruita in uno splendido balcone sul lago di Garda grazie alla donazione del generale Pier Camillo Tusini e della moglie, la contessa Elena Giuliari. Mettendosi in dialogo con sindaci ed enti della zona, hanno quindi aperto la scuola media, come risposta alle nuove leggi dello Stato che ne poneva l’obbligatorietà, alla realtà del territorio che ne era privo e alle richieste delle famiglie.
Cambiate la situazione e le esigenze, dal confronto con il territorio è emersa la necessità di un centro di formazione professionale. «Oltre che alla scuola – racconta don Peretti – negli anni la comunità ha concentrato la sua attenzione su altre situazioni che toccano ragazzi e famiglie, ovvero il servizio al disagio con il “Dab”, la collaborazione pastorale e l’accoglienza. In questo momento particolare abbiamo riconosciuto come sia difficile per noi consacrati poter gestire al meglio tutte queste forme di accompagnamento e sostegno educativo. Già in quest’ultimo decennio abbiamo dovuto ridurre alcune proposte che prima offrivamo alle parrocchie e al territorio, come il Grest e la formazione degli animatori. Ora, anziché abbandonare o ridurre ulteriormente il servizio educativo-pastorale, abbiamo visto come risorsa la possibilità di un passaggio di responsabilità ai laici, anche perché ne abbiamo incontrati tanti di davvero preparati e disponibili».
In varie parti del mondo, fin dal 1996, la Congregazione Salesiana ha affidato le opere ai laici, e quella di Bardolino sarebbe una delle prime esperienze anche in Italia. «Da un punto di vista pastorale – continua don Peretti – non cambia molto perché il carisma di don Bosco sarà assicurato dal fatto che il tutto rimane legato all’Ispettoria Salesiana del Nordest e che ci saranno comunque consacrati ad accompagnare la comunità educativa-pastorale nel progetto, oltre a garantire la Messa domenicale nella nostra chiesa».
Matteo Bortoletto e Martina Micheletti, insieme ai loro 5 figli, andranno a risiedere negli spazi del Tusini. «Potremmo dire che la comunità non chiude, ma rimane in forma diversa – sottolinea proprio Bortoletto –, dato che cercheremo di portare avanti la missione garantita dai consacrati in questi anni: ovvero mettersi a disposizione delle attività che ci sono e di quello che è necessario condividere nel territorio».
Per questa famiglia è stata una proposta inaspettata, come racconta Matteo: «Nella storia personale mia e di Martina, così come poi quella di coppia e di famiglia, sono sempre stati importanti i salesiani, insieme con le varie realtà parrocchiali. Siamo stati sposati da un prete salesiano e da anni siamo inseriti nell’Operazione Mato Grosso che nasce da un salesiano, padre Ugo De Censi. Questa richiesta ci ha però sorpreso, anche perché ci stavamo preparando alla possibilità di un’esperienza missionaria. Confrontandoci tra noi e con gli amici, abbiamo poi riconosciuto nell’affidamento di questo progetto la nostra missione, dato che mette insieme due elementi fondamentali per noi: la fede e l’attenzione per i giovani».
Una sfida per questa famiglia e per tutta la realtà che può però contare su una tradizione di proposte molto significative, una struttura con grandi potenzialità e un affiatamento importante con il territorio. Vorrebbe diventare una sorta di grande e variegato centro di formazione dei giovani (al lavoro, alla missione, alla crescita integrale) e per i giovani, con la cura di catechisti e animatori, oltre che la messa a disposizione di spazi e strutture, con i campi da gioco, i saloni e le stanze che permettono di ospitare fino a novanta persone.
Insieme a sogni e progetti per il futuro, rimane stabile l’ancoraggio alla dimensione scolastica. Michele Gandini, sposato e padre di due bambini, continuerà il suo mandato di direttore del Centro di formazione professionale e ci spiega: «Contiamo circa 200 allievi, con una sessantina che ogni anno terminano il loro percorso e che nel 95% dei casi trovano subito lavoro. Portiamo avanti da parecchi anni il settore meccanico e quello impiantistico elettrico, mentre, sempre in dialogo con il territorio, recentemente abbiamo iniziato un percorso che vedrà andare a chiusura quello legato ai servizi di vendita, per concentrarsi su quello vitivinicolo, inaugurato due anni fa. Ai ragazzi è offerta la possibilità del corso triennale che garantisce la qualifica professionale e un quarto anno per ottenere il diploma di Formazione professionale attraverso il sistema duale, che li vede per alcuni giorni a scuola e altri in azienda con un contratto di apprendistato».
La scuola di formazione professionale, oltre alle competenze tecniche, garantisce l’accompagnamento formativo affidato a una ventina di formatori laici, affiancati da un sacerdote salesiano. Questa presenza continuerà anche per l’esperienza del “Dab” ad Albarè di Costermano, che continuerà sotto la responsabilità di don Paolo Bolognani. Insieme agli attuali otto operatori, don Paolo continuerà a gestire questo villaggio educativo salesiano composto di una comunità residenziale e una diurna per minori, un ostello in co-housing per giovani dai 19 ai 25 anni, oltre ad altre attività per ragazzi in disagio.
Conclude don Enrico Peretti: «Il prossimo 16 agosto, anniversario della nascita di don Bosco, avverrà ufficialmente questo passaggio che per noi è un’esperienza di futuro, una forma diversa di presenza in linea con la rinnovata coscienza ecclesiale di corresponsabilità di tutti i battezzati, che – come dice papa Francesco – sono soggetti attivi di evangelizzazione con i sacerdoti e i consacrati».

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