Mons. Bonetti: «Desideriamo dire Gesù con tutto noi stessi»
di BEATRICE CASTIONI
Oltre al parroco si sono insediati, alla presenza del Vescovo, anche don Gabriele Polledri e il salesiano don Bogdan Baies
di BEATRICE CASTIONI
Gesù la vite, noi i tralci. I pastori, figure che si mettono a disposizione per diventare messaggeri e costruttori di pace. Un rapporto di scambio e fiducia reciproci che il Vescovo di Verona mons. Domenico Pompili augura ai tre nuovi presbiteri che giovedì 23 novembre hanno fatto il loro ingresso nella parrocchia di San Pietro Apostolo a Valeggio. Il nuovo parroco di Valeggio, Salionze, Oliosi e Remelli è infatti mons. Alessandro Bonetti, affiancato dal vicario parrocchiale don Gabriele Polledri e dal collaboratore don Bogdan Baies, subentrati ai parroci don Paolo Zuccari e don Paolo Troiani, al vicario parrocchiale don Daniele Leonelli e al collaboratore don Mario Venturelli ai quali la comunità ha dato il proprio saluto il 12 novembre scorso. Una missione fondamentale, quella dei pastori, secondo Pompili, in un mondo che sembra renderci sempre più isolati e soli: «Soltanto attraverso i legami col prossimo possiamo dare un frutto alla nostra vite, possiamo avere una vita di qualità, bellezza e verità. I tralci per fare ciò devono però rimanere attaccati al corpo centrale, esercitando un verbo che sembra diventato obsoleto: restare. Restare legati a qualcosa, un credo, e a qualcuno, i nostri fratelli e sorelle. Dio è il nostro punto di approdo, un approdo in cui ci riconosciamo perché in Lui e in noi scorre la stessa linfa vitale. Se non ce lo ricordiamo, rischiamo di perdere l’orientamento o di credere in modo passivo, senza dare nulla di significativo. Auguro a don Alessandro, Gabriele e Bogdan di aiutarci a portare avanti il buon cammino di fede».
Mons. Alessandro Bonetti, 58 anni, originario di Palazzina, è stato ordinato prete nel 1995 e ha svolto i primi tre anni di ministero come vicario parrocchiale di Bosco Chiesanuova e incaricato per la pastorale giovanile della Lessinia Centrale. In seguito è stato per un anno vicario parrocchiale di San Pietro in Cariano (1998-99), per sei di Bovolone (1999-2005) divenendone poi parroco (2005-09). Dal 2009 al 2015 è stato parroco di Monteforte. Dal 2015 sino all’ottobre scorso è stato vicario episcopale per la pastorale e assistente unitario dell’Azione Cattolica diocesana. Dal 2020 è stato rettore di San Pietro Incarnario. Ha conseguito la licenza in Liturgia e dal 2016 è canonico onorario del Capitolo della Cattedrale, da cui il titolo di monsignore. Saluta così i fedeli valeggiani: «I preti sono un’immagine del Buon Pastore, ci portano Cristo attraverso la loro attività. Don Gabriele, don Bogdan ed io abbiamo iniziato da tempo a pregare di poter essere un cuore solo, capaci di dire Gesù con tutto noi stessi, disponibili a lasciarci trasformare dal Pastore Buono per essere sua immagine viva. Grazie a chi sta aiutando in chiesa con le proprie possibilità e disponibilità. Oggi vediamo qui riuniti i cori di tutte le parrocchie dell’unità pastorale, e credo passi un bellissimo messaggio di comunità e inclusione: festeggiarci tutti insieme».
Si unisce all’entusiasmo anche il prete novello don Gabriele Polledri, 27 anni, originario di Palazzolo di Sona e ordinato il 29 aprile di quest’anno, che ha gestito il vespro dimostrando sin da subito talento e passione per il canto. Don Bogdan Baies, 39 anni, salesiano dal 2009 e prete dal 2016, è originario della Romania (Bistrita, capoluogo del distretto di Bistrița-Năsăud). Ha studiato Teologia spirituale presso l’Università Pontificia Salesiana e ha svolto il proprio ministero presso l’Istituto Don Bosco di Schio (Vicenza). Le nuove figure all’interno della parrocchia sono state subito accolte anche dal Consiglio pastorale, che offre la sua collaborazione e li definisce “nuovi costruttori di pace”, e dal sindaco Alessandro Gardoni: «Un caloroso benvenuto a tutti. Valeggio è noto per i luoghi e per il buon cibo, ma c’è molto altro: le anime delle persone, giovani e meno giovani che si danno da fare e sono il vero cuore della comunità. Da custodire come bene prezioso».
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