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A Bosco Chiesanuova ago e filo servono a cucire relazioni

di MARTA BICEGO

Nella casa di riposo della Pia Opera Ciccarelli gli anziani sfoggiano le loro abilità 

Parole chiave: Casa di riposo (4), Anziani (38)
A Bosco Chiesanuova ago e filo servono a cucire relazioni

di MARTA BICEGO

Ago, filo e stoffe per cucire relazioni e imbastire scampoli di spensieratezza. Ogni settimana il salone al primo piano del Centro servizi Villa San Giacomo di Bosco Chiesanuova si trasforma in un piccolo atelier. Anziane e anziani della residenza della Pia Opera Ciccarelli possono dare sfoggio delle loro abilità. C’è chi taglia, chi si dedica al rammendo, chi muove con dimestichezza una macchina da cucire, chi ha il compito di tenere in ordine spolette, forbici e materiali vari.
«Il laboratorio di sartoria è stato avviato a fine ottobre», spiega l’educatrice Lorenza Pezzo, come attività di animazione incentrata su manualità e fantasia che ha rivelato entusiasmi inaspettati nella creazione di manufatti. Pensano a tutto: dal disegno all’accostamento di tinte che siano in armonia, fino alla scelta di materiali, anche di recupero. La prima idea è stata realizzare piccoli presepi di stoffa colorata che, a Natale, sono stati donati ai familiari e al personale oltre che al vescovo Zenti.Per il Carnevale, prosegue, «stiamo preparando dei pagliacci che regaleremo agli alunni dell’Istituto comprensivo di Bosco. Realizzare questi manufatti è l’occasione per mettere alla prova le abilità degli ospiti».
Tanto che ci sono altri progetti nel cassetto: pensierini per Pasqua e modelli di abiti da donna per l’estate. A dare lo spunto per quest’iniziativa è stata una delle anziane residenti che, nel trasferirsi lì, ha portato con sé la macchina da cucire con cui ha praticato il mestiere di sarta. «È una signora lucida che ha piacere di trasmettere le sue conoscenze», spiega Pezzo. La sua passione è riuscita a coinvolgere dieci partecipanti al laboratorio, provette sartine e tre aspiranti sarti. Questi ultimi sono impegnati in attività più semplici (per esempio creare pompon) ma, rivela l’educatrice, «sono i primi a presentarsi nel salone». Insomma, c’è parecchio entusiasmo. Ed è una maniera, conclude, «per ritrovare quella normalità che è mancata con la pandemia. Segni di speranza e vicinanza agli affetti dei quali hanno sentito tanto la nostalgia». 

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