Con la famiglia, per la famiglia: la sfida di Piergiorgio in una Casa
di LUCA PASSARINI
«Sono diventato diacono perché il Signore è stato parecchio esplicito con me»: così ci riassume il suo percorso Piergiorgio Roggero. Nato il 18 aprile 1952 a Legnago, dove all’epoca risiedeva la famiglia che metteva insieme le origini della Lessinia da parte di mamma e sangue lombardo-piemontese del ramo paterno, trapiantato a Verona per il nonno artigliere, ci racconta: «La fede è sempre stata una costante nella mia vita, non ho mai avuto crisi e allontanamenti, ma se mai trasformazioni».
Arrivato con la famiglia a 16 anni in città, è successivamente diventato capo scout del Verona 10: «Svolgevo il mio servizio a San Giorgio, con il desiderio e la sensazione di viverlo alla presenza del Signore. Lì ho incontrato Maria Luigia Perilli, ultimogenita di una famiglia originaria della Campania trasferitasi in Valdonega: ci siamo sposati il 31 marzo 1990 ed è stato davvero il giorno più bello e travolgente della mia vita». Inseritisi nella parrocchia di Santa Croce, in Borgo Venezia, il loro sogno era di avere dei figli propri e altri da adozione, ma quando hanno capito che non potevano diventare genitori per via naturale, si sono messi subito in moto per altre strade: «Ne abbiamo parlato con i preti salesiani della parrocchia e ci hanno messo in contatto con un loro confratello che operava ad Addis Abeba, in Etiopia; solitamente davano opportunità di adozioni a distanza, ma c’era un bambino, Eskender, per cui potevano aprirsi altre modalità e per questo ci hanno inviato una sua foto nei giorni di Natale del 1993; a vederlo ci siamo sentiti già “incinti” e la gioia era grande, pareggiata solo dalla delusione quando ci hanno detto che la situazione non si sbloccava per problemi burocratici non previsti». Nel frattempo, attraverso alcuni conoscenti e servizi che prestavano, Piergiorgio e Maria Luigia hanno conosciuto un altro ragazzino, Mparibatenda – nome abbreviato per semplicità in Batende – giunto in Italia nella primavera del 1994, ovvero nel periodo del terribile genocidio: «All’inizio si parlava di un affido, poi c’è stata la possibilità dell’adozione; qualche mese dopo, a inizio 1996, si è sbloccata pure la situazione per Eskender e da allora noi abbiamo il grande dono di avere due figli, che è un’esperienza magnifica per noi, e per loro la possibilità di poter contare per tutta la vita su un fratello».
Dopo i primi anni, dedicati soprattutto alla famiglia, per Piergiorgio si sono aperte la possibilità e il desiderio di tornare ad essere a disposizione per gli altri: «Con Maria Luigia siamo stati coinvolti nel percorso dei fidanzati di Santa Croce e mi sono accorto che mi piaceva molto parlare del Signore. Poi, un sabato mattina, dopo aver portato i figli a scuola, mi sono fermato alla celebrazione eucaristica a Santa Maria Ausiliatrice; al termine ho parlato con il prete, che conoscevo, di quello che stavo vivendo e lui mi ha chiesto se avessi mai pensato di diventare diacono». Per Roggero, dopo un momento di imbarazzo dovuto anche al non conoscere molto questo ministero, è arrivato un grandissimo entusiasmo: «Nel giro di poche ore, però, è cambiato di nuovo tutto perché ho fatto l’intero pomeriggio e sera a dirmi che ero pieno di difetti e fragilità, per cui di sicuro non ero la persona giusta; la domenica mattina, la seconda lettura della Messa era presa dalla Lettera agli Ebrei con quel passaggio che mi è venuto addosso come un treno, si è scritto dentro di me e spesso mi ripeto a memoria: “Ogni sommo sacerdote, infatti, è scelto fra gli uomini e per gli uomini viene costituito tale nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati. Egli è in grado di sentire giusta compassione per quelli che sono nell’ignoranza e nell’errore, essendo anche lui rivestito di debolezza”». L’emozione di quel momento si è trasformata nella scelta di mettersi in quel cammino che lo ha portato all’ordinazione diaconale nella parrocchia di Santa Croce, il sabato 24 ottobre 2009, vigilia della XXX domenica del tempo ordinario (anno B) che aveva provvidenzialmente come seconda lettura proprio Ebrei 5,1-6 con l’inizio che Piergiorgio ha mandato a memoria.
Questi anni di ministero lo hanno aiutato a scoprire sempre di più come non si tratti di una “cosa sua”, ma di un dono che fa il Signore attraverso la Chiesa e per la Chiesa: «Rileggendo il brano dell’istituzione dei diaconi al capitolo 6 degli Atti degli apostoli non mi piace fermarmi a tante riflessioni spesso banali; di certo non sono stati pensati perché servivano dei bravi cuochi o dei buoni organizzatori della distribuzione del cibo, bensì per fare in modo che un servizio che già c’era, come quello della mensa, fosse fatto secondo lo spirito di Dio. Anche oggi, non può essere che ci sia un sacramento, come quello del diaconato, solo per garantire che nella Chiesa permanga la dimensione del servizio, che è caratteristica di tutti i cristiani; è più corretto pensare che la funzione sia quella di garantire che ciò che viene fatto e proposto dalle comunità cristiane sia secondo il cuore di Dio». Questa sfida l’ha personalmente vissuta nei sette anni in pastorale famigliare, insieme alla moglie, nell’anno nella sezione pastorale della Diocesi, nei tre anni di presenza alla Caritas: «Ho svolto questo servizio in particolare presso il Samaritano, mettendomi al fianco degli operatori per aiutarli a vivere ogni cosa nel Signore e rimanendo a disposizione dei vari ospiti, che spesso hanno alle spalle delle storie terrificanti; l’immagine evangelica che in questa esperienza è emersa, e che poi mi sono portato avanti, è quella di Maria che, visitando Elisabetta, suscita qualcosa di nuovo e straordinario non attraverso particolari gesti o parole, bensì perché ha dentro di sé il Signore».
Questo orizzonte oggi lo muove nell’esperienza della Casa di Pietro che porta avanti con la moglie, oltre che con i diversi operatori e coloro che guidano e fanno discernimento delle scelte: «Offriamo servizi alle famiglie, con il desiderio che qui possano incontrare anche il volto del Signore e di una comunità cristiana che è al fianco pure in situazioni oggi sempre più difficili; d’altronde nessuno insegna ad essere coppia o genitori e pochissimi offrono un accompagnamento, attraverso il quale scoprire che magari non è tutto da buttare all’aria, ma che quei buoni propositi, progetti e sentimenti, hanno bisogno di essere sostenuti da un lavoro su alcune ferite che ci si porta dietro dal passato». Il diaconato si è rivelato per Piergiorgio – diploma scientifico, laurea in fisica e tanti anni di lavoro nell’elettronica – pure un continuo invito alla riflessione e alla formazione che lo hanno portato ad appassionarsi alla filosofia, a formarsi sulla pastorale familiare alla Giovanni Paolo II e sulla mediazione di coppia con un master alla Cattolica: «Tutto questo è stato possibile perché la vivo come una chiamata stupenda del Signore e che, in qualche maniera, condivido con Maria Luigia che mi ha sempre accompagnato, supportato e che pure lei si è rimessa continuamente in discussione, oltre che sui libri».
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