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L'ordinazione di don Michele Marani

Incredulità e gioia: “Ancora mi domando perché il Signore mi abbia scelto”

Parole chiave: Chiesa (186), Ordinazioni (30), Nuovi sacerdoti (2)
L'ordinazione di don Michele Marani

Il terzo sacerdote novello, ordinato lo scorso 8 giugno, è don Michele Marani, della parrocchia di Santa Maria Immacolata. Ecco la sua testimonianza.

E chi l’avrebbe mai detto?! Chi se lo sarebbe mai immaginato di trovarsi a una manciata di giorni dall’ordinazione presbiterale?! Io no di certo! D’accordo, a detta di molti sono sempre stato “un ragazzo di chiesa”, abbastanza tranquillo, semplice, alle volte buono quando mi riusciva... Niente di più. Sì, frequentavo la parrocchia, catechismo, Grest, gruppi Ado, qualche campo Ado (solo un paio perché avevo paura di mettermi troppo in gioco e perché significava rinunciare alla mia grande passione: la pallavolo!). In tutto questo fino ai diciott’anni vanto di non aver mai abbandonato la Messa domenicale anche se da “secoli” non mi accostavo più all’Eucaristia né mi confessavo... Non ne ero capace, non sapevo cosa dire, non “sentivo” più Dio, non sapevo se credevo ancora, mi sentivo lontano da Lui... Avevo solo una profonda certezza nel cuore, un sussulto dello Spirito perché ragionevolmente non sapevo spiegare: “Signore, Tu ci sei. Anche se ormai non ti conosco più, Tu ci sei!”. Questa profonda preghiera risiedeva nel mio cuore assieme a tanta incertezza e incredulità tanto che più volte pensavo: “Signore, o ti fai sentire altrimenti tra poco me ne vado anch’io!”. In questi pochi accenni niente di speciale. Niente di eclatante. Niente di fenomenale nell’ambito religioso. Lungi dall’intravvedere germi di una vocazione.
Penso che la mia “chiamata” possa definirsi terribilmente illogica. Ancora mi domando perché il Signore mi abbia scelto. Nella mia vita tutto è troppo così povero. Tutto è troppo così fragile. Tutto è troppo così debole. Nemmeno credevo più, nemmeno sono uno dotto (ho un diploma di agrotecnico), nemmeno possiedo chissà quali capacità...
Non ci sono ragioni particolari o straordinariamente emergenti che facciano pensare a una “chiamata” accuratamente conveniente se non il fatto che Dio abbia voluto così. Lui ha voluto volgere il Suo sguardo su di me, Lui mi ha usato misericordia, Lui mi ha chi-Amato a seguirlo.
Da quella famosa frase che ha segnato una svolta nella mia vita perché ha acceso una fiamma nel cuore che, credo, non possa più essere spenta: «Padre, perdonali perché non sanno quello che fanno».
La ri-scoperta di quella fede che professavo con la bocca e non più con il cuore ma che sentivo ancora presente. Anch’io in quel momento mi sono sentito perdonato da un Padre perché non sapevo più quel che facevo, perché vivevo, per chi vivevo, per chi morivo.
Da quel fatidico giorno dicembrino del 2008 è iniziata una ricerca di Dio che mi ha condotto fino qui. Il desiderio di farmi dono per chi soffre di più, prima con la scelta dell’anno di servizio civile fatto in un centro diurno che seguiva ragazzi autistici, poi la decisione di entrare in seminario, è stato segnato dall’amore di Dio-Carità che ha “infettato” il mio cuore perché la mia vita possa diventare stupenda continuazione della creazione d’amore che Lui, costantemente, desidera riversare in ciascuno di noi.
Il cuore che batte, il desiderio di amare in particolare chi è più ferito, il sogno di una vita che profuma dell’amore di Dio sono le motivazioni che mi spingono a morire ogni giorno per dare la vita... Quella bella, quella che profuma di Cielo, quella che disseta, quella che costantemente ricevo dal Signore della vita e della morte, del tempo e dell’eternità.

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